Epilessia, nuove speranze
da test genetici e terapia di precisione
Si celebra oggi la Giornata mondiale contro l’epilessia. Oggi in Italia circa 500 mila persone devono convivere con l’epilessia tra chi ancora è vittima di crisi o è in trattamento con farmaci per prevenirne la recidiva. Un disturbo neurologico i cui picchi di comparsa si manifestano nei primi due anni di vita e per il 30% dei casi dopo i 70 anni, con conseguenze devastanti per le implicazioni psico-sociali che ne derivano e, per coloro che presentano crisi convulsive frequenti, un alto rischio di morte improvvisa. Ma i progressi della medicina moderna, nella direzione di una cura personalizzata, offrono nuove speranze di guarigione: “Il controllo completo delle crisi, attraverso una terapia personalizzata, che in alcuni casi richiede l’ausilio di test genetici o metabolici per identificare le cause molecolari, potrà restituire nel 100% dei casi una qualità di vita normale e abbattere il rischio di mortalità”, spiega Emilio Perucca, professore ordinario di Farmacologia all’Università di Pavia.
“L’epilessia si considera risolta quando non si manifestano crisi da almeno 10 anni e non si assumono più farmaci da almeno 5 – spiega Perucca – oppure, nel caso di epilessie limitate a specifiche fasce di età, quando è stata superato il limite di età in cui le crisi possono ancora manifestarsi. Ma di fronte a una persona che presenta ancora crisi, il primo obiettivo è quello di ottenere il completo controllo e prevenire così anche ogni rischio di mortalità. Proprio per questo identificare la causa dell’epilessia, paziente per paziente, individuando anche eventuali difetti genetici specifici, apre la strada a una terapia di precisione che mira a correggere il difetto alla base della malattia”.
Le cause e le manifestazioni dell’epilessia possono essere infatti molto diverse: “Nei primi due anni di vita si riscontrano soprattutto epilessie su base genetica, oppure epilessie dovute a sofferenze perinatali, mentre nell’anziano la causa principale è rappresentata da danni cerebrovascolari – afferma l’esperto – Per le crisi, invece, si va dalle più eclatanti, con convulsioni, irrigidimento del corpo, perdita di coscienza, meno frequenti ma più spesso associate a mortalità, a crisi appena percettibili, con brevi episodi di perdita della coscienza che colpiscono prevalentemente i bambini e si possono ripetere anche centinaia di volte al giorno. Le manifestazioni della crisi dipendono dall’area cerebrale colpita e dalle funzioni di quell’area. Seppure improvvise e limitate nel tempo, le crisi devastano la vita, e possono talvolta avere conseguenze letali per cause come incidenti, soffocamento, o annegamento”.
Identificare la causa diventa quindi fondamentale per la prognosi e per selezionare il trattamento migliore: “La terapia farmacologica è ancora la più utilizzata ma non è l’unica disponibile – spiega Perucca – Se prendiamo come successo la scomparsa totale delle crisi, i farmaci funzionano nel 70-75% dei casi, per cui numerosi pazienti sono resistenti. Per questi ultimi, se l’epilessia origina da un’area cerebrale limitata che non ha funzioni particolarmente importanti, la rimozione chirurgica della stessa area può funzionare nel 50-70% dei casi. Poi ci sono altre opzioni come la neurostimolazione o, particolarmente per i pazienti pediatrici, la dieta chetogenica, che permette di ottenere il controllo completo e protratto delle crisi in almeno il 10% di pazienti selezionati che non hanno risposto alla terapia farmacologica”.
Ma per arrivare a un controllo perfetto delle crisi, l’esperto ricorda alcuni aspetti fondamentali: “L’obiettivo di arrivare a una cura efficace richiede innanzitutto una diagnosi rapida e accurata, in secondo luogo una scelta personalizzata della terapia, sulla base del tipo di epilessia e delle caratteristiche del paziente, facendo educazione sull’impiego corretto dei farmaci, che se in alcuni casi possono essere risolutivi in altri posso addirittura aggravare la malattia. Infine è necessario che i malati, ove non abbiano risposto al primo o secondo farmaco, siano indirizzati in centri specializzati il più rapidamente possibile, anche per valutare la possibilità di un trattamento chirurgico, potenziando questi centri. La terapia di precisione – conclude – è ancora agli albori nella medicina per l’epilessia ma sta crescendo di anno in anno”.
(Fonte: Adnkronos)