Medicina complementare, l’esperto:
“Omeopatia arma in più nello sport”
Archiviati i Mondiali di calcio e il ‘re’ degli Slam, Wimbledon, mentre si corre il Tour de France, lo sport va in scena ai suoi massimi livelli. I campioni devono dare il meglio di sé, la macchina perfetta corpo-mente non può fallire, perché in gioco c’è spesso un’intera carriera, fatta di anni di sudore, impegno, tenacia, durissimi allenamenti, ma anche di sconfitte, infortuni, e l’ombra del doping sempre in agguato. “La macchina dello sportivo è un complesso ingranaggio che deve essere sempre performante, e che inevitabilmente va incontro a un’usura molto più veloce rispetto a quella di un ‘diesel’ non sottoposto a sollecitazioni così intense e stressanti. Una macchina complessa che necessita quindi di un approccio integrato”, spiega Francesco Avaldi, medico esperto di omeopatia e nutrizione dello sport, con alle spalle collaborazioni eccellenti, dal Milan al Real Madrid, fino al Paris Saint Germain e all’Atalanta.
Una macchina alla quale ‘lavorano’ preparatori atletici, medici, ma anche psicologi, nutrizionisti e altre figure che si occupano di verificare che l’ingranaggio funzioni sempre al meglio. Tra queste il medico omeopata. “L’omeopatia è la terapia individuale per eccellenza, perché pone l’attenzione non tanto sul sintomo e sulla malattia, ma sull’essere umano nella sua interezza. E per questo nell’atleta si rivela preziosa per supportare al meglio le terapie tradizionali”, spiega Avaldi che da farmacologo clinico si è avvicinato a questa pratica ben 20 anni fa.
Conoscendo a fondo l’azione dei farmaci tradizionali, sia nella loro efficacia che negli effetti collaterali, si dice convinto che “l’omeopatia rappresenti quell’arma in più per far sì che la medicina convenzionale possa essere ancora più efficace. La medicina è una sola – sostiene – ma si può integrare in maniera perfetta con l’omeopatia, mondi diversi che viaggiano su diversi meccanismi di azione, ma che possono convivere benissimo tra loro”. Un”arma’ in più di cui possono beneficiare non solo i professionisti ma tutti gli sportivi, proprio perché ‘dolce’ e ‘personalizzata’.
“Il corpo di un atleta è sottoposto a costanti sovraccarichi, infiammazioni e sollecitazioni meccaniche su tessuti, connettivali, muscolari, osteoarticolari, che vanno molto oltre il livello al quale si è sottoposti nella vita normale. L’omeopatia è un importante sostegno perché ci permette di avere una terapia dolce che non sia un supporto farmacologico, con tutto quello che comporta il problema del doping e il cattivo uso dei farmaci, permettendoci di mantenere una macchina complessa come quella dello sportivo a un livello alto senza essere ‘sporcata’ da prodotti che possono avere effetti collaterali importanti”, spiega Fabio Fanton, attualmente medico federale delle nazionali di judo, lotta, karate e arti marziali (Fijlkam) e della Federazione italiana triathlon (Fitri), che dal 1992 accompagna gli atleti italiani alle Olimpiadi.
“I medicinali omeopatici – evidenzia – possono essere molto utili nella prevenzione, per quanto riguarda la gestione delle infiammazioni o della risposta al trauma, grazie all’utilizzo di diversi prodotti, come l’arnica che è quello principe. Ma non solo. Proprio perché si tratta di terapie molto individuali, trovano applicazione anche a livello emotivo, per esempio prima di una gara, per aiutare gli atleti a dosare meglio le proprie energie durante la prestazione e liberarli un po’ dalle tensioni. Alcuni medicinali omeopatici sono molto più orientati verso i problemi tendinei, cartilaginei, ma ce ne sono tanti che risultano utili in situazioni particolari. Per esempio – racconta Fanton – quando alle Olimpiadi di Rio 2016 c’era la paura del virus Zika, ho usato il Ledum che fungeva da deterrente per le zanzare o altri insetti. O in caso di reattività congesta di un atleta di fronte a specifiche condizioni ambientali, mi ha aiutato tantissimo l’Apis che è il veleno delle api”.
Ma sono tanti e diversi i campi in cui l’omeopatia riesce a dare risposta: “L’atleta è un’eccellenza ed è anche un laboratorio, un terreno di prova, e l’utilizzo di questi medicinali varia in funzione dell’individualità e in funzione delle conoscenze. Perché – prosegue l’esperto, che ha tra i suoi pazienti affezionati la pattinatrice Carolina Kostner – nello sport è necessario valutare non solo il carico al quale l’atleta è sottoposto ma anche la risposta terapeutica, ed essere capaci di modularla all’interno della propria disciplina. E l’omeopatia mi ha permesso di farlo”.
“Per quanto riguarda una sintomatologia acuta – spiega Fanton – esiste una sorta di vademecum omeopatico che prevede alcuni rimedi utili da avere nella borsa a disposizione diretta dell’atleta. Poi ci sono risposte individuali, pensiamo a situazioni di crisi immunitarie, problemi allergici, di stanchezza o di tipo emotivo, e a quel punto è molto importante entrare nella specificità del rimedio. Nei casi in cui gli atleti hanno delle difficoltà, delle crisi, incertezze o imprevisti, figure professionali come la mia sono importanti – riferisce – perché avere più strumenti a disposizione permette di entrare in ambiti dove molti atleti non ti permetterebbero di entrare”. Un esempio appunto “è stata Carolina Kostner – racconta l’esperto che la segue da anni – Per il suo rapporto complesso con i farmaci e la sua grande sensibilità e sofferenza, si è rivolta con successo ad altre discipline per gestire i propri traumi”.
“Ma tra i miei pazienti – conclude Fanton – ci sono anche tanti che praticano sport a livello dilettantistico e a loro l’omeopatia fornisce uno strumento utile di sostegno da un punto di vista terapeutico, ma anche la capacità di ascolto e consapevolezza dei propri sintomi, la necessità di una visione interna di essi che porta a gestirli e non addormentarli con un farmaco, ad esempio con un forte antinfiammatorio”.
In conclusione, “in base alla mia esperienza personale – afferma ancora Avaldi – ho constatato come giocatori che hanno capito il percorso che si fa attraverso l’uso di prodotti omeopatici e l’attenzione al proprio fisico, incorrono molto meno di frequente in accidenti muscolari non traumatici, come il classico crampo o lo strappo, rispetto a calciatori che tendono a rivolgersi solo alla medicina convenzionale. Questo non vuole dire che la medicina ufficiale non è sufficiente, ma integrare i due percorsi terapeutici può essere d’aiuto all’atleta per migliorare la fase di recupero e per evitare infortuni frequenti su particolari gruppi muscolari. Perché – conclude – l’obiettivo, per gli atleti professionisti come per gli sportivi amatoriali, è che migliorando lo stato di salute si migliora anche la performance”.
(Fonte: Adnkronos)