Il manager-scrittore guarito: “Ho trattato
il cancro come una ‘bad company'”
Si è svolto a Milano il ‘Radiotherapy Day’. Un convegno promosso da Estro (European Society for Radiotherapy & Oncology) per sensibilizzare sull’utilizzo della radioterapia nella lotta ai tumori, durante il quale è stato presentato il decalogo ‘Conosciamo la radioterapia’, stilato da Estro ed Estro Cancer Foundation con l’obiettivo di migliorare la conoscenza sul tema. Oggi, spiega infatti Umberto Ricardi, presidente di Estro, “almeno una persona su 4 che dovrebbe beneficiare di un trattamento radioterapico non lo riceve. Se entro il 2035 l’accesso alla radioterapia potesse essere garantito a tutti quei pazienti affetti da cancro per cui il trattamento è indicato, si salverebbero ogni anno almeno 1 milione di vite nel mondo”.
All’evento milanese hanno partecipato le principali associazioni di pazienti oncologici (Favo, Europa Donna, Europa Uomo e Vivere senza stomaco), gli esperti di Estro, Airo (Associazione italiana di radioterapia e oncologia clinica), Aitro (Associazione italiana tecnici sanitari di radioterapia e fisica sanitaria), Aifm (Associazione italiana di fisica medica) e Aiocc (Associazione italiana di oncologica cervico cefalica), assieme ai rappresentanti delle istituzioni locali (Emanuele Monti, presidente Commissione Sanità della Regione Lombardia).
Sono 10 i punti evidenziati nel manifesto, firmato e discusso dagli esperti di Estro che hanno sottolineato l’opportunità e la necessità di sostenere l’approccio radioterapico, sfatando al contempo i falsi miti che possono creare resistenze all’impiego del trattamento.
La radioterapia – hanno sottolineato gli specialisti – è un trattamento antitumorale sicuro ed estremamente efficace, che utilizza radiazioni ionizzanti, prevalentemente raggi X ad alta energia. Un campo della medicina in rapidissima evoluzione, non solo perché trova sempre nuove indicazioni terapeutiche, ma anche grazie all’introduzione di tecnologie sempre più avanzate che consentono di assicurare un migliore controllo della malattia e di ridurre o minimizzare il rischio di effetti avversi.
Si stima che, in Europa come in Italia, l’incidenza dei tumori sia in continuo aumento, con oltre 4 milioni di nuovi casi registrati sul continente nel 2018, e 373 mila nuove diagnosi nel nostro territorio. Entro il 2025, inoltre, la richiesta del trattamento radioterapico aumenterà del 16%.
“Investire nel rinnovamento dei macchinari è di fondamentale importanza per assicurare la qualità delle cure radioterapiche – evidenzia Stefano Magrini, presidente di Airo – Possiamo infatti stimare che oltre il 40% delle macchine in dotazione nei circa 200 centri italiani censiti nell’ultimo rapporto Airo sia da sostituire. Hanno più di 10 anni, questo è inaccettabile. Diverso il discorso se parliamo delle apparecchiature di altissima tecnologia, quelle che hanno costi di esercizio e di installazione elevati: in questo campo siamo pienamente in media con l’Europa migliore”, precisa l’esperto. Che tuttavia aggiunge: “In Europa, così come in Italia, sussistono ancora significative disomogeneità rispetto all’accesso al trattamento radioterapico, ai servizi correlati e alla formazione di personale qualificato, dove c’è carenza di specialisti”.
Presenti alla serata milanese anche alcuni pazienti guariti proprio grazie all’utilizzo del trattamento radioterapico. Fra loro Riccardo Ruggeri, manager, giornalista e scrittore, autore del libro ‘Il cancro è una comunicazione di Dio’, ispirato alla sua storia personale. La storia di un uomo che ha trattato il tumore come un corpo estraneo, un intruso da battere proprio grazie all’aiuto dei medici e della radioterapia.
“Mi sono state fatte due applicazioni radioterapiche – racconta – La svolta, soprattutto mentale, è stata quando ho trattato il tumore come una delle ‘bad company’ delle quali mi occupavo nel mio lavoro. Da lì in poi la malattia è stata un problema del mio medico: era lui a doversene occupare, io dovevo seguire le cure. Non condivido – dice – il politicamente corretto riguardo al cancro, quella volontà di chiamarla lesione. Non è come un problema al menisco”.
(Fonte: Adnkronos)