Studia il cancro nel nome del padre,
la storia di Emanuela
Quarantuno anni, due figli, una vita in laboratorio. Studiare il cancro, capire come batterlo, è la sua missione nata nel nome del padre e diventata un lavoro. La ricerca l’ha spinta anche fino a Boston nell’ultimo anno di università e continua ad accendere le sue giornate al bancone. E’ la storia di Emanuela Folgiero, scienziata Airc. Ha indossato il camice e ha scelto di usare provette e microscopio contro una malattia che le ha portato via il papà troppo presto. “Avevo 12 anni – racconta – Non capivo come in soli 3 mesi il suo corpo potesse essere stato sopraffatto” da un tumore allo stomaco.
Oggi Emanuela è una degli oltre 5 mila ricercatori su cui Fondazione Airc e Firc investono. Il 61% sono donne e il 55% under 40. Quest’anno le risorse deliberate superano i 115 milioni di euro, 533 i progetti di ricerca, 114 le borse di studio e 22 i programmi speciali da sostenere per rendere il cancro sempre più curabile. Il tesoretto messo a disposizione punta a garantire continuità al lavoro dei 5.300 cervelli schierati contro ogni tipo di tumore. Con lo stesso obiettivo viene sostenuto lo sviluppo delle attività di Ifom, centro di eccellenza per lo studio dell’oncologia molecolare. Servono risorse e il primo polo privato italiano di finanziamento della ricerca indipendente in campo oncologico si impegna a trovarle, anche con iniziative come ‘Le arance della salute’ in programma sabato 25 gennaio.
Il cancro in Italia viaggia al ritmo di più di mille nuovi casi al giorno, la sua corsa va arrestata con un lavoro ‘a più mani’. Mani come quelle di Emanuela, che ha potuto far decollare il suo progetto di ricerca con il contributo di grant come il ‘My first Airc grant’, destinato a scienziati under 40 per favorirne l’indipendenza. Con l’assegno vengono coperti i costi di ricerca, fino a metà del salario del titolare del grant e lo stipendio di due borsisti che lavorano al progetto.
Emanuela, laurea in Scienze biologiche alla Sapienza di Roma, la città dove è nata, ha mosso i primi passi con un tirocinio di tesi all’Istituto Regina Elena. Poi è arrivata la parentesi ‘a stelle e strisce’, al Beth Israel Deaconess Medical Center di Boston. Nell’anno in cui la scienziata comincia il dottorato in Biologia cellulare e molecolare all’università Tor Vergata di Roma arriva anche la borsa triennale Firc. Emanuela ha la sua prima figlia nel 2010, inizia un post-doc all’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma che la indirizza verso i tumori di tipo ematologico. E nel 2014 nasce anche il suo secondo figlio.
Il lavoro di scienziata prosegue con l’approfondimento del ruolo della proteina Che-1 nella leucemia linfoblastica acuta. “L’attesa del risultato, la soddisfazione per la scoperta, la delusione pungente dell’errore”, sono i sentimenti che si sperimentano dentro il laboratorio. Momenti bui ed emozioni come “la prima pubblicazione da primo autore”. “Ho compreso – ricorda Emanuela – la ricchezza e la libertà mentale di poter pensare a un esperimento, metterlo in pratica, viverne il risultato; l’appagamento della realizzazione di un progetto nella sua interezza”.
“L’obiettivo che vorrei raggiungere – dice – è comprendere a fondo nel sistema murino quanto sia coinvolta la proteina Che-1 e in seguito veicolare inibitori della sua espressione per migliorare la risposta ai trattamenti chemioterapici. Vorrei portare a termine uno studio di fattibilità nei pazienti affetti da leucemia linfoblastica acuta”. Il grant ricevuto lo scorso anno da Airc “è la realizzazione del mio percorso lavorativo. Oggi potrò interamente guidare i miei progetti di ricerca, avere collaboratori con cui condividere il percorso sperando di poter passare almeno una parte di ciò che questo mestiere ha dato a me”.
Oggi, ragiona Federico Caligaris Cappio, direttore scientifico Airc, “è fondamentale identificare le terapie con cui curare i pazienti in modo sempre più preciso ed è altrettanto importante raccogliere le risposte dei pazienti stessi, in modo da migliorare continuamente sia le sperimentazioni cliniche sia l’efficacia delle cure”. I risultati arrivano. In Italia, attualmente, quasi 3,5 milioni di persone hanno superato una diagnosi di cancro e in molti casi hanno un’aspettativa di vita paragonabile a quella di chi non si è mai ammalato.
“Questi numeri – aggiunge Calligaris Cappio – ci fanno guardare con fiducia al futuro, nonostante siamo ben consapevoli che molto resti da fare, soprattutto per quelle forme di cancro che ancora non rispondono alle terapie e ai protocolli disponibili”. Airc e Firc sono in campo, possono contare su 4,5 milioni di sostenitori e 20 mila volontari, selezionano i progetti avvalendosi di 600 revisori internazionali. Il risultato è che, solo per quanto riguarda le pubblicazioni scientifiche nel 2018, l’ente viene citato tra i finanziatori in 1.793 occasioni.
“E’ necessario sostenere i percorsi di crescita e formazione dei giovani per garantire il ricambio generazionale dei ricercatori e ugualmente importante è continuare a promuovere partnership internazionali di alto profilo, come quella in corso tra Airc, Cancer Research Uk e Fundación Científica – Asociación Española Contra el Cáncer, che ci consente di ampliare la rete di collaborazioni per portare rapidamente le scoperte della ricerca di base al letto del paziente”. Perché, conclude Calligaris Cappio, “se il cancro non conosce confini, nemmeno la ricerca li deve conoscere”.
(Fonte: Adnkronos)