Più melanomi gravi e diagnosi
tardive dopo il lockdown
Più melanomi gravi e nuove diagnosi tardive riscontrati al termine del periodo di lockdown da medici e ricercatori dell’Istituto dermopatico dell’Immacolata (Idi) di Roma, che hanno analizzato i dati prima, durante e dopo il periodo di ‘chiusura’ nazionale per emergenza coronavirus. I risultati sono stati pubblicati sul ‘Journal of the European Academy of Dermatology and Venereology’.
All’inizio di giugno – dall’osservazione clinico epidemiologica fatta dalla Melanoma Unit dell’Idi di Roma diretta dal Francesco Ricci – sono stati riscontati numerosi nuovi casi di melanomi di grado severo. Nei 158 giorni del periodo dello studio, sono stati 237 i nuovi casi di melanoma riscontrati: il numero medio di nuove diagnosi è stato 2,3 al giorno nella fase pre-lockdown (in linea con le nuove diagnosi giornaliere osservate nel 2018 e nel 2019 dall’Istituto), 0,6 durante il lockdown e 1,3 subito dopo il lockdown (fino al 6 giugno, data di chiusura dello studio).
“Con questa ricerca – afferma Damiano Abeni, responsabile Unità di Epidemiologia, Registri, Clinical Trial Center, Statistica dell’Idi – abbiamo voluto verificare se il lockdown italiano, determinato dalla pandemia di Covid-19, potesse aver causato un ritardo diagnostico delle nuove diagnosi di melanoma e abbiamo osservato un aumento significativo della gravità dei nuovi casi di melanoma diagnosticati dopo la fine del lockdown”.
Questo aumento, ha aggiunto Abeni, “è stato evidente sia per quanto riguarda lo spessore di Breslow (che nel melanoma rappresenta il principale fattore prognostico), sia per le caratteristiche cliniche delle lesioni (con una maggiore proporzione di melanomi nodulari, ulcerati e/o con una componente di crescita nodulare), essenzialmente con un raddoppio dei valori per queste tipologie di melanoma”.
Tuttavia, la percentuale di melanomi meno severi (in situ) non è cambiata nelle tre fasi pandemiche (circa 24%) ed è molto vicina ai valori osservati per il 2018 (23,8%) e per il 2019 (26,4%). Questo dato potrebbe essere spiegato dal fatto che proprio i pazienti con melanomi più severi abbiano ritardato lo screening cutaneo durante il lockdown sottovalutando la gravità del problema. Il ritardo diagnostico ha riguardato prevalentemente uomini di età pari o superiore a 50 anni.
(Fonte: Adnkronos)