Con più infermieri in ospedale
meno morti e ricoveri più brevi
Con più infermieri operativi nelle corsie degli ospedali migliora l’assistenza e si registra un calo del 7% nelle possibilità di morte del paziente e di riammissione in ospedale dopo un precedente ricovero. Anche la durata delle degenze si accorcia, del 3% per ogni paziente in meno che un infermiere ha sul proprio carico di lavoro. E il risparmio in termini di costi evitati per l’ospedale risulta doppio rispetto alla spesa che si affronta per arruolare personare aggiuntivo e raggiungere un adeguato rapporto numerico infermieri/pazienti. Sono le stime contenute in un maxi studio pubblicato su ‘The Lancet’ e condotto in Australia su 55 ospedali nel Qeensland. Il lavoro arriva alla vigilia della Giornata internazionale dell’infermiere (il 12 maggio), e accende i riflettori sul tema della carenza di personale e delle strategie per migliorarne i livelli, che rimangono dibattute a varie latitudini nel mondo.
Sotto la lente dei ricercatori una recente politica varata nello Stato australiano, finalizzata a garantire un rapporto minimo di un infermiere per 4 pazienti per turni giornalieri. I risultati osservati – evidenziano – sono positivi. La ricerca ha considerato un bacino di oltre 400mila pazienti e 17mila infermieri in 27 ospedali che hanno implementato la politica sanitaria volta ad aumentare il numero di operatori e 28 ospedali di confronto.
“I nostri risultati colmano una lacuna di dati cruciale – osserva l’autore principale, Matthew McHugh della University of Pennsylvania School of Nursing, negli Usa – Gli oppositori di politiche” come quella del Queensland, che fissano un livello di riferimento da garantire in termini di personale infermieristico, “sollevano la preoccupazione che non ci sia una chiara valutazione da parte della politica. Speriamo che i nostri dati convincano sulla necessità di questi rapporti minimi infermiere-paziente dimostrando chiaramente che un’assistenza infermieristica di qualità è vitale per la sicurezza e l’assistenza”.
Nel 2016 nel Queensland 27 ospedali pubblici hanno implementato i loro organici per raggiungere il rapporto minimo di 1 infermiere dedicato ogni 4 pazienti durante i turni diurni e uno ogni 7 durante quelli notturni nei reparti medico-chirurgici. Gli autori dello studio hanno analizzato i dati del 2016 e poi quelli del 2018, due anni dopo l’attuazione della politica in questi ospedali. E li hanno messi a confronto con i dati di altre 28 strutture che non hanno subito variazioni di personale, restando fissi a quota 6 pazienti per infermiere. Per valutare gli esiti sono stati verificati dettagli sulle dimissioni, le durate dei ricoveri, i decessi 30 giorni dopo la dimissione, le riammissioni in ospedale entro 7 giorni dall’uscita del paziente. Si è poi indagato tramite survey sulle modalità di lavoro degli infermieri.
Nel dettaglio i risultati dell’analisi mostrano che la possibilità di morte è risultata aumentata tra il 2016 e il 2018 del 7% negli ospedali che non hanno implementato la politica sugli organici infermieristici ed è diminuita dell’11% in quelli che invece l’hanno adottata. Le possibilità di secondo ricovero sono aumentate del 6% negli ospedali di confronto nel tempo, ma sono rimaste le stesse negli ospedali che hanno implementato la politica. Tra il 2016 e il 2018, la durata della degenza è diminuita del 5% negli ospedali che non hanno attuato la politica e del 9% negli ospedali che lo hanno fatto. Ulteriori analisi hanno rilevato che quando il carico di lavoro infermieristico è migliorato riducendosi di un paziente per infermiere, la possibilità di morte e riammissioni è diminuita del 7% e la durata della degenza ospedaliera è diminuita del 3%.
I ricercatori hanno stimato che ci sarebbero stati 145 morti in più, 255 riammissioni in più in ospedale e 29.222 giorni aggiuntivi di degenza nei 27 ospedali che hanno implementato la politica tra il 2016 e il 2018. Per quanto riguarda l’impatto finanziario, è stato stimato in 33milioni di dollari australiani su due anni il costo per arruolare 167 infermieri in più e diminuire i carichi di lavoro per ogni operatore, mentre dall’altro lato si è calcolato che i nuovi ricoveri evitati e la riduzione delle degenze hanno comportato un risparmio di circa 69 mln nei due anni successivi all’implementazione della politica.
“E’ miope” dunque farsi frenare dal previsto aumento dei costi per le assunzioni, fa notare Patsy Yates della Queensland University of Technology School of Nursing, Australia. “Quello che si osserva – dice – è un chiaro ritorno sull’investimento. Vorremmo incoraggiare i governi a considerare queste cifre”. “La costruzione di una forza lavoro infermieristica robusta – concludono in un commento collegato allo studio Amanda Ullman, Università del Queensland, e Patricia Davidson, Università di Wollongong, Australia – è indissolubilmente legata agli esiti dei pazienti e dovrebbe essere centrale nella pianificazione dei servizi sanitari”.
(Fonte: Adnkronos)