Giusy Messina

Le terapie biologiche per il paziente oncologico

di giusy messina | 7 aprile 2022 | pubblicato in
Giusy Messina

Esistono al giorno d’oggi due oncologie, quella antica o tumoro-centrica, fondata cioè sullo studio delle sole caratteristiche del tumore (istologia, grading, analisi genetica) e quella nuova o antropo-centrica, vale a dire fondata sulla comprensione della biologia immunobioendocrina del paziente, ricercando in essa le cause della diminuita resistenza naturale contro le neoplasie.

Le bioterapie endocrine, immunologiche e neuroendocrinologiche elaborate dalla nuova oncologia vengono così ad agire terapeuticamente laddove la vecchia oncologia si ferma. Alla luce delle moderne conoscenze bioimmunologiche, la separazione fra terapie curative e palliative del cancro risulta allora essere un errore epistemologico ed un segno di arretratezza scientifica.

Tutta l’oncologia tradizionale si è focalizzata pressoché solamente sulle sostanze ormonali provviste di potenziale azione stimolante la crescita neoplastica, scotomizzando completamente, sia a livello inconscio che attualmente a livello anche conscio, l’altro ambito, quello delle sostanze ormonali endogene provviste di azione antitumorale, in particolare gli ormoni prodotti dalla ghiandola pineale, che rappresenta la principale struttura anatomica responsabile della naturale resistenza antineoplastica, la quale viene progressivamente ad annullarsi parallelamente al procedere della diffusione tumorale.

È stato dimostrato che la progressione neoplastica si associa ad una concomitante progressiva riduzione della funzionalità endocrina pinealica, la quale rappresenterebbe pertanto il principale difetto endocrino caratterizzante la malattia tumorale. Fino a pochi anni fa l’unico ormonale pinealico studiato era costituito dalla melatonina. Oggi è invece noto che la ghiandola pineale produce almeno altri 3 ormoni di natura indolica, oltre a fattori peptidergici quali il tripeptide epitalamina, vale a dire: 5-metoxitriptamina (5-MTT), 5-metoxitriptofolo (5-MTP), 5-metoxi-iridol-acetico (5-MIA).

In vitro, tutti questi 3 ormoni si sono dimostrati provvisti di attività antiproliferativa antitumorale, non solo, ma la 5-MTT è apparsa addirittura superiore alla stessa MLT in termini di inibizione in vitro della crescita tumorale. Allo stesso modo, al pari della MLT, questi 3 altri indoli posseggono attività antiossidante. Essi possederebbero pure effetti immunostimolanti antitumorali che, tuttavia, devono ancora venire adeguatamente studiati. Dati preliminari parrebbero dimostrare che tali effetti immunostimolanti siano differenti rispetto a quelli esercitati dalla MLT.

Infatti, mentre la MLT agisce per lo più sui linfociti T helper-1 (TH1) stimolando la produzione di IL-2 e sulle cellule dendritiche stimolando la produzione di IL-12, aumentando quindi la produzione delle due principali citochine antitumorali nell’uomo, la 5-MTT agirebbe preferenzialmente a livello macrofagico, riducendone gli effetti protumorali ed amplificando quelli antitumorali, orientando quindi i macrofagi in senso antineoplastico.

In sintesi, la mancata risposta immunobiologica antitumorale, responsabile dell’evoluzione dalla singola
cellula maligna alla malattia cancro, dipenderebbe sia dall’esistenza di cellule immunitarie provviste di attività immunosoppressiva (in particolare i macrofagi ed i linfociti TH2), sia dalla presenza nel paziente di una condizione endocrina alterata in senso protumorale, conseguenza questa a sua volta almeno in parte di un particolare vissuto disarmonico psicospirituale.

Alla luce delle conoscenze attuali, quindi, l’atto terapeutico in oncologia medica non potrà che consistere innanzitutto nella correzione delle numerose anomalie immunoendocrine presenti nel paziente oncologico ed evidenziabili oggi su semplici prelievi di sangue venoso periferico, al fine di ristabilire la biochimica psiconeuroimmunologica dello stato di salute.

Non solo impensabile, ma è addirittura sadico il rifiuto dell’impiego della MLT in oncologia medica, poiché rifiutarsi di somministrare MLT ai pazienti oncologici avanzati significa impedire quanto meno la correzione di diversi sintomi relati alla progressione neoplastica, in particolare: astenia, cachessia, trombocitopenia, turbe dell’umore e del sonno ed immunosoppressione.

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Giusy Messina, psicologa clinica e psicoterapeuta e responsabile Ricerca e Sviluppo Natur, è laureata con il massimo dei voti in Psicologia Clinica e specializzata con lode in Psicoterapia presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Milano. Svolge attività clinica e di ricerca nel campo della Psiconeuroendocrinoimmunologia (PNEI) e si interessa in particolar modo delle relazioni fra quadro psichico e sistema immunitario.

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