Tumore al colon retto
Stimate, lo scorso anno, 52 mila diagnosi
Il tumore al colon retto risulta quello a maggiore insorgenza nella popolazione italiana con 52.000 diagnosi stimate nel 2012.
Migliora, però, la sopravvivenza dei pazienti che ne sono colpiti e, a 5 anni dalla diagnosi, la sopravvivenza stimata è pari al 64 per cento. Ciò grazie ai miglioramenti terapeutici e alla diagnosi precoce.
“Tra gli uomini – afferma Francesco Di Costanzo, direttore Oncologia Medica, Ospedale Careggi di Firenze – è il terzo tipo di tumore più diffuso dopo quelli alla prostata e al polmone, mentre tra le donne è al secondo posto preceduto dal tumore alla mammella”.
Secondo i dati, ogni anno, sono circa 22 mila i pazienti che presentano la malattia in fase avanzata o metastatica.
Lo screening e la diagnosi rappresentano due aspetti importanti per organizzare una miglior strategia terapeutica.
L’importanza dello screening poi è evidenziata dal fatto che il tumore del colon-retto, in stadio iniziale, si presenta spesso senza sintomi.
“L’avvio di numerosi programmi di screening – dice Di Costanzo – ha permesso un maggior numero di diagnosi in fase iniziale della neoplasia, quindi un contenimento del trend di crescita della patologia“.
In Italia, nel corso del 2011, quasi 1,8 milioni di donne e uomini hanno effettuato il test del sangue occulto nelle feci (o la rettosigmoidoscopia) per identificare precocemente il tumore del colon retto e il 45-50 per cento della popolazione target riceve periodicamente l’invito per sottoporsi ai test per la diagnosi precoce.
Negli ultimi anni gli screening hanno avuto un impatto significativo sulla salute di decine di migliaia di persone, contribuendo ogni anno all’individuazione di lesioni e forme pre-tumorali o di tumori conclamati.
Nel 2011, infatti, grazie allo screening del colon-retto sono stati individuati oltre 2.800 tumori e più di 15.000 adenomi avanzati.
Lo scorso mese al Congresso della Società Americana di Oncologia (ASCO), sono stati presentati i risultati di diversi studi randomizzati, tra i quali FIRE-3.
Uno studio che però non convince Francesco Di Costanzo che afferma “pur essendo molto interessante, solleva più dubbi interpretativi che chiarimenti circa quale farmaco biologico sia più efficace in associazione con la chemioterapia in prima linea”.
Sempre secondo il direttore dell’Oncologia Medica dell’Ospedale Careggi di Firenze, “tutti gli esperti a questo punto rimandano la soluzione di questo quesito allo studio di un gruppo cooperativo americano (CALGB89405) che dovrebbe essere presentato all’ASCO 2014”.