Un nuovo dispositivo regolerebbe l'iperattività neuronale alla base dei disturbi

Mi fischiano le orecchie, chi mi pensa?
Acufeni, oggi una nuova via di cura

di oggisalute | 19 dicembre 2013 | pubblicato in Cure e terapie
acufeni

Avete presente quel fischio continuo che si sente a volte alle orecchie? A volte prende la forma di un sibilo, altre di un rumore acuto, altre volte è semplicemente un ronzio. Stiamo parlando degli acufeni o tinnito e chi ne soffre non ricorda nemmeno più cosa sia il silenzio. La tradizione popolare vuole che quando “fischiano le orecchie” il motivo sia che qualcuno stia pensando o parlando di noi. Le cause, naturalmente, saranno ben altre, anche se la scienza al momento non le ha comprese del tutto, non trovando di conseguenza neppure una cura risolutiva.

Oggi però forse siamo molto più vicini alla soluzione. I ricercatori della University of Michigan medical school hanno cercato di spiegare ciò che origina gli acufeni. Lo studio, condotto sugli animali, è stato pubblicato sul Journal of Neuroscience. Da qui si auspica che presto venga brevettato un nuovo trattamento per il problema, questa volta davvero risolutivo.

Gli animali sottoposti a osservazione, sofferenti anch’essi di tinnito, presentavano un tempo di stimolo alterato, associato a una plasticità multisensoriale eccessivamente sensibile ai segnali che arrivano al cervello attraverso il nervo uditivo. Quest’area cerebrale, denominata nucleo cocleare dorsale, è una sorta di stazione sensoriale, che riceve ed elabora i segnali uditivi, integrandoli con altre informazioni dei sensi, quali il tatto.

Susan Shore, professoressa di Otorinolaringoiatria e fisiologia molecolare e di Ingegneria biomedica, che ha guidato la ricerca, spiega che gli input provenienti dall’orecchio sono ridotti ma che, per compensazione, si amplificano tutti i segnali che provengono dalla pelle, intesa come organo tattile, in particolare dal collo e dal viso. “È come se i segnali servissero a compensare l’input uditivo perduto, ma se la compensazione è eccessiva finiscono per fare un gran rumore”, spiega Shore. Forse è questo il motivo per cui molte persone possono variare l’intensità dell’acufene spostando collo, testa o serrando la mascella.

E la causa scatenante? Molto spesso il tinnito si accompagna a una perdita di udito, altre volte a un trauma del collo o della testa, di solito dovuto al colpo di frusta di un incidente automobilistico o per un intervento odontoiatrico. Sfugge tuttavia il fatto per il quale l’acufene non si presenti in tutti i soggetti che abbiano le stesse condizioni, come mai la risposta cambia da soggetto a soggetto, quali altri fattori intervengono? Una possibile spiegazione potrebbe risiedere nel livello di iperattività dei neuroni.

L’equipe sta mettendo a punto adesso un dispositivo che possa bilanciare suono e stimolazione elettrica di viso e collo, riuscendo così ad alleviare il problema o farlo scomparire del tutto. “Se otteniamo il giusto tempismo, crediamo di poter diminuire i tassi di attività dei neuroni alla frequenza del tinnito e indirizzare quelli con iperattività”, sostiene Susan Shore. Contemporaneamente la ricerca sta cercando di sintetizzare dei farmaci in grado di migliorare la plasticità sensoriale. A seconda del paziente si potrebbe optare per questa o l’altra soluzione.

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