Trapianto di utero, entro fine anno nasceranno i primi bambini
La ricerca ha coinvolto nove volontarie
Di solito si ricorre al trapianto di organi vitali, ma vitali per la persona che si sottopone all’intervento. Ma che dire di trapianti di organi vitali per un altro individuo. Stiamo parlando del trapianto di utero, che potrebbe essere la soluzione per le donne che presentano l’Aufi, l’infertilità uterina assoluta.
Se ne è parlato a Monaco, nel corso del trentesimo congresso della Società europea di riproduzione umana ed embriologia. A farlo è stato Mats Brännström, dell’ospedale universitario svedese di Göteborg, che col suo gruppo di ricerca da quindi anni studia proprio questa possibilità. Sebbene il suo discorso è stato all’insegna della prudenza, per non alimentare false speranze, si potrebbero avere già a fine anno i primi bambini cresciuti in utero trapiantato. L’intervento non è affatto semplice, né per la ricevente né per la donatrice. Il trapianto, infatti, avverrebbe da una donna in vita e, nella maggior parte dei suoi casi in esame, sono state le madri o al limite le sorelle. Il problema principale risiede nell’immunosoppressione e infatti ben due uteri su nove sono stati rimossi.
Dunque si tratta di un punto di partenza e non di arrivo, ma l’interesse è altissimo, perché a soffrire del problema è una donna su 500 nel mondo, vale a dire 150 mila soltanto nel nostro continente. I casi finora trattati riguardano donne con sindrome Mrkh, cioè nate senza utero, ma secondo i ricercatori potrebbe interessare anche tutte le altre donne che per cause diverse soffrono di infertilità uterina assoluta. Tra queste coloro che hanno subito un intervento di isterectomia o quelle che riportano un utero malfunzionante per malformazioni congenite o altri motivi.
Il dottor Brännström ha cominciato a sperimentare su dei topi dopo il caso di Angela, una donna australiana di 27 anni, cui era stato tolto l’utero ma non le ovaie a seguito di un cancro alla cervice, e che nel 1999 aveva chiesto di ricevere l’utero della madre. I primi esperimenti di trapianto di utero umano sono avvenuti rispettivamente nel 2000 in Arabia Saudita e nel 2011 in Turchia, ma senza precedente ricerca specifica e sperimentazioni su cavie animali.
Brännström, dopo i topi, ha esteso la sua ricerca sui maiali, quindi le pecore e infine i babbuini, fisiologicamente più simili all’uomo. A quel punto è passato al modello umano, nove donne, presentandone oggi i risultati. Le pazienti sono state sottoposte a fertilizzazione in vitro e congelamento degli embrioni ottenuti (per eventuale successivo impianto), quindi al trapianto. Il prelievo è durato in tutti i casi almeno 10 ore, contro i 45 minuti di una isterectomia tradizionale, con sei giorni di ospedalizzazione. Sia le donatrici sia le riceventi sia i loro partner sono stati sottoposti ad analisi specifiche per un intero anno prima dell’intervento.
I primi risultati sono relativamente confortanti: il trapianto ha riguardato nove donne fra i 27 e i 38 anni, non fumatrici, in perfetta salute, con un peso regolare (indice di massa corporea compreso tra 21 e 25, quindi né sotto né sovrappeso). I risultati hanno visto mestruazioni regolari in sette casi su nove dal secondo mese successivo all’impianto, un utero rimosso per trombosi bilaterale dopo tre giorni e uno, dopo tre mesi e mezzo, per una infezione antibiotico-resistente. Una complicanza si è registrata anche per una donatrice, con una fistola uretero vaginale dopo dieci giorni. Ma il risultato più interessante riguarderà il parto. Ad alcune delle sette donne, infatti, sono stati trasferiti gli embrioni e le gravidanze sembrano procedere senza problemi. Se queste verranno portate a termine con successo, afferma il ricercatore, si procederà con nuovi studi e possibilmente pensando a modalità meno invasive, magari con la robotica, altrimenti si sarà costretti a fare un passo indietro tornando a sperimentare sui modelli animali.