Epatite C, l’esperto: “Nuove terapie
sempre più accessibili”
Nuovi farmaci danno speranze concrete di sconfiggere definitivamente l’epatite C. lo hanno confermato esperti riuniti sabato a Palermo. Gli studi clinici dimostrano che le nuove combinazioni farmacologiche riescono a garantire risultati ottimali in oltre il 90% dei pazienti trattati. Le nuove cure sono, però, costose, si parla di 25 mila euro di spesa farmaceutica per ogni paziente e per questo la cura viene, attualmente, somministrata solo ad una parte dei pazienti in base alle indicazioni dell’Aifa, l’agenzia del farmaco. La sfida è ampliare le coorti fino al raggiungimento del 100% dei pazienti.
Approfondiamo l’argomento con Antonio Craxì, professore ordinario di Gastroenterologia all’Università di Università di Palermo.
L’obiettivo e il focus dell’incontro organizzato a Palermo da EpaC onlus sono eloquenti già dal titolo: “Epatite C: potremo davvero guarire tutti in pochi mesi?” Le prospettive di trattamento dell’infezione da virus HCV sono infatti sempre migliori: qual è lo scenario che si sta aprendo?
“Le prospettive di trattamento sono sempre più incoraggianti: un anno fa a livello europeo sono stati registrati i nuovi farmaci (sofosbuvir, daclatavir, simeprevir, la combinazione a dose fissa e una sola compressa di sofosbuvir/ledipasvir e la combinazione a tre farmaci di ambitasvir/paritaprevir/dasabuvir); in Italia la negoziazione per la rimborsabilità è stata lunga ma ha portato alla fine a un prezzo molto inferiore rispetto a quello della media europea. Questo significa che in una situazione come quella italiana, con migliaia di pazienti, possiamo avere farmaci per trattare un numero maggiore di persone. Sono già stati avviati al trattamento circa 18.000 pazienti in tutta Italia il che ci mette in una buona posizione. Tra le varie Regioni, inoltre, si è ormai realizzata una parità d’accesso e i primi dati dei registri nazionali fanno vedere percentuali di successo delle cure molto elevate, che rispecchiano molto i dati degli studi registrativi. Lo scenario è positivo, entro l’anno prossimo avremo trattato la maggioranza dei pazienti con malattia avanzata e potremo iniziare a trattare i pazienti con malattia meno avanzata che al momento sono esclusi dai criteri del Servizio Sanitario Nazionale per la rimborsabilità dei trattamenti. Questo significa che ci avviciniamo sempre più all’obiettivo finale: l’eradicazione del virus”.
L’ampliamento delle terapie disponibili per l’HCV alimenta grandi aspettative, ma la ricerca non si ferma perché anche con le nuove opzioni non mancano certamente i problemi: quali sono i principali bisogni terapeutici non ancora soddisfatti e quali le soluzioni anche in virtù delle nuove opzioni terapeutiche in arrivo?
“Nessuna combinazione di farmaci è perfetta, tutte lasciano “scoperto” qualche genotipo e proprio per questo è importante avere a disposizione il maggior numero di opzioni terapeutiche. La possibilità di avere delle alternative terapeutiche ci aiuta a fronteggiare il problema delle resistenze. C’è sempre un 5-10% di insuccessi di cui bisogna tener conto legati a una insensibilità o non risposta alla terapia. La combinazione grazoprevir/elbasvir è attiva contro virus che erano stati resi resistenti dall’esposizione ad altri farmaci. L’altro problema è l’utilizzo di questi nuovi farmaci nei pazienti con insufficienza renale: sofosbuvir, per esempio, ha evidenziato dei limiti d’uso proprio in questi pazienti, mentre la combinazione grazoprevir/elbasvir sembra in grado di superare anche questo problema. Infine, un ulteriore, importante problema è rappresentato dal genotipo 3 che ancora non ha una completa copertura, ma su questo aspetto la ricerca è molto attiva”.
Qual è il valore aggiunto di un regime terapeutico con i nuovi Antivirali ad Azione Diretta (DAA) che assicurano un’elevata efficacia terapeutica anche senza l’utilizzo di ribavirina? In quali tipologie di pazienti può essere utilizzata la combinazione grazoprevir/elbasvir senza l’aggiunta di ribavirina?
“Una volta superato il problema dell’uso dell’interferone, resta quello della ribavirina, un antivirale che può essere considerato debole ma che può essere sfruttato per rinforzare le combinazioni attuali nelle situazioni in cui i nuovi farmaci presentano qualche lacuna. Il problema reale dell’utilizzo della ribavirina sono gli effetti collaterali – quali tosse, anemia, prurito – e il fatto che spesso risulta per questo sgradita ai pazienti, che in genere sono proprio i pazienti più “difficili”, per i quali l’eliminazione della ribavirina pone non poche difficoltà. Oggi sappiamo che la combinazione grazoprevir/elbasvir può essere usata senza ribavirina ma va ricordato che siamo ancora nella fase degli studi clinici”.
I pazienti infetti da HCV con malattie ematologiche rappresentano una classe di pazienti particolarmente “fragili”. Il suo Centro ha avviato una sperimentazione proprio in questa tipologia di pazienti con l’associazione fissa grazoprevir/elbasvir; qual è la sua esperienza al riguardo?
“Lo studio multinazionale di cui siamo Centro coordinatore per l’Italia, ha arruolato 30 pazienti con talassemia ed epatite C, ottenendo due risultati impressionanti: la guarigione nel 100% dei casi e la completa assenza di effetti collaterali, favorita anche dal fatto che nello schema terapeutico non era inserita la ribavirina. Sicuramente grazoprevir/elbasvir si avvia a diventare di uso routinario nella pratica clinica”.
In Sicilia si stimano oltre 4.500 pazienti in terapia in 31 centri sul territorio che si occupano di trattamento dell’HCV: qual è la situazione regionale relativamente all’accesso ai farmaci e alle modalità di gestione delle nuove terapie per l’epatite C?
“Attualmente 7.800 pazienti sono registrati nella Rete regionale per la gestione dell’epatite C: di questi 4.500 rientrano nei criteri AIFA per il trattamento e 1.800 di essi hanno già iniziato o concluso la terapia. Mi sembra giusto e opportuno sottolineare l’enorme sforzo finanziario della Regione Siciliana per mettere i nuovi farmaci a disposizione dei pazienti”.