Attacchi di panico:
da dove nascono e come intervenire
Immagina di essere, come tutte le mattine, sul treno che ti conduce alla solita lezione del primo semestre di Farmacologia; seduta accanto a qualcuno che non conosci e che parla incessantemente al cellulare e tu silenziosa, seduta, osservi lo scorrere del treno. Di colpo, come una scossa di terremoto fortissima, senti la mente scappare e i pensieri sottrarsi. Il tuo cuore come note stonate inizia a battere improvvisamente e velocemente su un tamburo teso. Il respiro, la gola e la bocca sono bloccate da un nodo che non riesci ad espellere. La testa inizia a fare pirouettes velocissime tanto da confondere persone, bigliettai, luci e suoni del vagone.
È il panico. La paura percorre ogni minima parte del proprio scheletro, travolgendo la mente e il corpo proprio come un fiume che improvvisamente straripa e sommerge tutto, tanto da annegarvici. Più si cerca di risalire in superficie per respirare, più la paura cerca di spingervi verso il blu profondo. Azzardate a controllarla ma è lei che controlla voi. Bramate di scappare ma sarebbe impossibile scappare da se stessi.
Nei pochi momenti di lucidità, pensate che state impazzendo o che forse quelli sono gli ultimi minuti della propria giornata. Ma ad un tratto, regolare, come ogni martedì mattino, Trenitalia annuncia che è l’ora di scendere perché siete nella stazione di arrivo.
Attimi infiniti di panico, che come chiarore dopo il buio fitto di una lunga galleria, appaiono scomparsi: il risveglio dopo un brutto sogno che lascia però, quella sensazione di spiacevole ottundimento nella memoria autobiografica.
Tutto questo è il mondo del panico. In un tempo in cui la parola “crisi” è tra le più presenti nel nostro vocabolario quotidiano è necessario sottolineare come viviamo in un mondo inquieto, scosso da profonde crisi, non solo economiche e politiche ma anche di crisi di valori e di molto altro.
Il sigillo del rapporto tra stile e significato viene dunque sempre letto nell’ambito di una situazione di crisi. Ne conviene che l’uomo tecnologico del Terzo Millennio viva spesso in una situazione difficile dal punto di vista psicologico; pensiamo alla precarietà del lavoro, delle giornate problematiche con il partner, con i figli, con i genitori e non meno delle continue sfide da affrontare con fatica e da vincere, nel minor tempo possibile. Un addestramento continuo, all’essere in grado di gestire mille informazioni che ci provengono da internet, dai social, dal piccolo schermo, dal mondo con cui costantemente ci rapportiamo.
Va da sé che il controllo delle proprie emozioni, delle proprie paure e delle proprie azioni – ossia il saper governare situazioni di disagio psicologico proprio o di chi ci è vicino – costituisca una capacità fondamentale non solo per gli esperti del settore. Pensiamo ad esempio come i militari hanno per missione e inclinazione quella di risolvere condizioni di crisi e di come allo stesso tempo anche il signor Rossi ogni giorno deve similmente affrontare impegni e preoccupazioni, anche se in contesti diversi e meno battaglieri.
Il panico è un fenomeno contagioso, con un comportamento agitato, con segni non verbali che inondano rapidamente la persona e una comunicazione ansiogena che genera rapidamente situazioni incontenibili che si auto-alimentano. Il panico influenza maggiormente azioni e pensieri riguardanti il futuro e non il passato. La sua diffusione è rapidissima, come una sorta di fulmine che pieno di cariche elettriche colpisce tutti. La letteratura clinica in diversi studi, conferma la sintomatologia del disturbo da attacchi di panico, ma sono in particolare i risultati della Psicoterapia breve strategica a parlare di un successo pari all’87% dei casi risolti in meno di 7 sedute, che ha fatto della sua cura il proprio cavallo di battaglia.
La paura quella “nota sconosciuta” diventa patologica quando ad esempio ci porta ad evitare le circostanze più differenti, ci costringe ad avere sempre bisogno di una stampella e di un aiuto oppure quando ci rende inadeguati di manifestare le nostre potenzialità e ci blocca durante le nostre prestazioni. Ne conviene che proprio quando la persona sente che la sua vita è invalidata dalla paura e non riesce a realizzare ciò che vorrebbe e dovrebbe, allora è il caso di rivolgersi ad un professionista, avendo il guizzo di selezionare un vero esperto per questi disturbi.
Come si manifesta l’attacco di panico:
– Paura di perdere il controllo – perdere il controllo degli sfinteri, di stare per vomitare, di diventare rossi, di esporsi in pubblico etc. Quando il panico ha invaso un po’ tutta la propria vita, in modo pervasivo ed è diventato invalidante per il soggetto. Non impedisce solo una circostanza ma ne impedisce tante.
– Paura di morire – come la paura di una morte folgorante.
– Paura di ammalarsi
Come si automantiene:
– Evitamento di quelle situazioni che potrebbero scatenare quella combinazione spaventosa di percezioni, pensieri e alterazioni psico-fisiche. Rafforzando a se stessi la percezione di inadeguatezza e la rischiosità della situazione, aumentando conseguentemente la dose di paura.
– Richiesta di aiuto – tentativo di altre persone di rassicurare il soggetto panicante, peggiorando inconsapevolmente la persona e la situazione. Difatti questa ”risoluzione” presenta al momento un rapido senso di sollievo ma contemporaneamente conferma al soggetto – al pari dell’evitamento – un senso di incapacità.
– Tentativo di controllo per verificare l’andamento della crisi come l’autopalpazione del polso, il monitorare il respiro, aumentando successivamente l’ansia.
Tecniche di intervento:
L’efficacia dell’approccio strategico basa il suo intervento sull’uso di stratagemmi terapeutici che conducono il paziente, inconsapevolmente, a sperimentare concretamente il superamento del panico. Il terapeuta guida il paziente a demolire le fondamenta su cui regge e si alimenta il panico: l’evitamento, la richieste di aiuto, ed il tentativo di controllo delle proprie re-azioni. Proprio quel tentativo di controllo che fa perdere il controllo e scatenare il panico. Il panico è infatti un inganno che la mente gioca a se stessa e- se la mente si prende gioco di noi, noi ci prendiamo gioco della nostra mente. Ne conviene che se i problemi e le sofferenze umane possano essere difficili, invalidanti e persistenti, questi non richiedono necessariamente soluzioni altrettanto pesanti, prolungate e sofferte.