Sott’acqua col diabete, brevetto sub per 10 pazienti con tipo 1
Sott’acqua non esistono barriere. E la conquista dei fondali marini non è più un sogno per i diabetici. A Numana, in provincia di Ancona, una decina di pazienti con diabete di tipo 1, tra i 15 e i 62 anni d’età, sta imparando a immergersi in sicurezza: potranno godere della vita subacquea e delle meraviglie del blu, ma anche imparare a gestire le emozioni legate alla malattia e aumentare la fiducia in se stessi. Al termine del soggiorno formativo il 3 settembre, i corsisti otterranno il brevetto Padi Open Water Diver e un attestato di abilità nella gestione del diabete durante le immersioni.
L’iniziativa è promossa dall’associazione Diabete sommerso Onlus, secondo cui affrontare la sfida delle immersioni aiuta ad acquisire le competenze necessarie per adattare la terapia alle condizioni ‘estreme’, rivelandosi ancor più utilenella vita quotidiana.
“Il progetto ‘Diabete sommerso’ è innanzitutto il desiderio di scoprire un mondo vicino a noi, ma completamente diverso e, per molti aspetti, sconosciuto – afferma Valentina Visconti, presidente dell’associazione Diabete sommerso Onlus – È un’occasione per guardare in faccia una malattia cronica come il diabete di tipo 1, uscendo dai soliti schemi e allargando gli orizzonti”.
Per l’esperta, “il punto di partenza è la voglia e la curiosità di affrontare un’attività affascinante ed impegnativa come la subacquea. Per ottenere il brevetto è necessario un percorso educativo di gestione avanzata del diabete – spiega – che insegna ad affrontare con maggiore consapevolezza gli eventi straordinari e la quotidianità, per raggiungere così una buona qualità di vita”. Diventare sub a dispetto della malattia è “un’opportunità di crescita personale, sportiva e nella cura del diabete, perché crediamo che la conoscenza della patologia e la capacità di controllarla consapevolmente siano tanto importanti quanto realizzare i propri desideri”, sottolinea Visconti.
Oltre alle lezioni in aula e ovviamente alle esercitazioni in mare, i partecipanti hanno quest’anno la possibilità di approfondire la conoscenza delle proprie sensazioni per imparare a gestirle, attraverso lavori di gruppo con una psicoterapeuta cognitivo-comportamentale.
“Entrare in contatto con l’acqua, con l’attrezzatura e un ambiente nuovo come il mondo subacqueo, attiva timori, pensieri e crea nuove situazioni di gestione della malattia. Durante questo corso sperimenteremo alcuni esercizi di consapevolezza, per migliorare la padronanza di sé e del diabete, riuscendo così a godere delle meraviglie del blu”, afferma Valentina Turra, psicoterapeuta dell’Unità operativa di Diabetologia all’Asst Spedali Civili di Brescia.
L’iniziativa ha il patrocinio dell’ospedale Niguarda di Milano, Inrca Ancona, Comune di Numana, Diabete Italia Onlus, Aniad Onlus, Agd Italia – Coordinamento associazioni italiane giovani con diabete, ied è stata organizzata con il supporto logistico del Centro sub Monte Conero e il sostegno di Ypsomed Italia, che ha dato un contributo incondizionato per l’acquisto del materiale didattico ed è presente con alcuni suoi volontari, in veste di Dive Master e Rescue Diver.
Anche i medici hanno da imparare stando insieme ai pazienti e condividendo le stesse difficoltà per affrontare la stessa sfida, le immersioni subacquee.
“All’università o durante il corso di specializzazione in ospedale, ai futuri medici si insegna come curare il diabete mellito tipo 1, ma nessuno spiega che cosa significhi vivere con questa patologia. Trascorrere una settimana con ‘Diabete sommerso’, con i ragazzi più giovani o con gli adulti più navigati nella gestione della malattia – dice Elena Cimino, diabetologa al Grande ospedale metropolitano Niguarda – permette al clinico una visione completamente diversa del suo lavoro. Si vivono insieme ai pazienti diversi momenti, dal controllo glicemico prima delle immersioni all’alimentazione, dagli esercizi alle problematiche concrete legate alla subacquea. Un’esperienza unica e arricchente, non solo sotto un profilo prettamente clinico, ma anche da un punto di vista umano: quando ci si prende cura davvero di qualcuno, si torna a casa con un bagaglio di informazioni e di energie completamente diverse”.
Ne è convinta anche Elena Gamarra, diabetica e diabetologa dell’azienda ospedaliera universitaria Città della salute e della Scienza di Torino, che ha deciso di fare il medico da un letto di ospedale, a 12 anni. E che ha subito accettato quando le è stata offerta “la possibilità di partecipare a questo soggiorno formativo – racconta – vivendo fianco a fianco con altri professionisti del diabete e pazienti: ognuno con le proprie storie di vita, ma tutti accomunati dalla voglia di non farsi fermare dalla malattia e di raggiungere un obiettivo ambizioso. Tempo, confronto, ascolto, curiosità, umiltà: 5 semplici ingredienti, che completano la formazione di un diabetologo e che non si potranno mai trovare sui libri e nemmeno tra le mura di un ospedale”.
(Fonte: Adnkronos)