Miopia, tre ore all’aria aperta salveranno i nostri figli
L’allarme è lanciato da un pezzo: la miopia sta aumentando in quasi tutti i paesi del mondo, arrivando in alcuni di essi a percentuali elevatissime, tanto da indurre qualche clinico, come la dottoressa Padmaja Sankaridurg, capo del programma miopia al prestigioso Brien Holden Vision Institute di Sydney, in Australia, a parlare di “epidemia”.
La prevalenza (ovvero, per semplificare, il tasso di diffusione del fenomeno) ha raggiunto valori del 90% negli adolescenti e nei giovani adulti della Cina, e numeri simili si ritrovano a Singapore, Hong Kong e Taiwan. L’occidente sta meglio, ma non può dormire sonni tranquilli: negli Usa la prevalenza della miopia è passata dal 25% al 40% negli ultimi 20 anni, in Europa sta seguendo la stessa direzione, pur essendo un po’ in ritardo. Quali sono le cause di un tale aumento, e quali le contromisure che possiamo prendere, ammesso che ce ne siano?
Che cosa sia la miopia credo che tutti lo sappiano; si dice anche in senso metaforico, che uno che non sa guardare lontano, agli sviluppi delle cose, al futuro, ma è concentrato solo sul presente, è miope. L’occhio miope è dunque un occhio che vede sfuocato per lontano, ma riesce a vedere bene, anche benissimo, a distanza ravvicinata. Ma non tutti forse sanno che questa condizione, che non può essere di per sé considerata una malattia, è causata dal fatto che l’occhio si allunga un po’ più del normale. Ed è anche inconsueto il fatto che tale allungamento possa avvenire pure dopo che lo sviluppo corporeo è giunto alla sua completezza.
Gli studiosi hanno dimostrato da tempo che sebbene ci siano robuste influenze genetiche, soprattutto per quella che insorge nei primi anni di vita, la miopia è influenzata in misura determinante dall’interazione con l’ambiente. E fino a tutto il secolo scorso si pensava che la causa principale della miopia fosse l’attività visiva a distanza ravvicinata: la lettura, lo studio, il lavoro alla scrivania e al computer. In effetti la miopia era molto più diffusa negli studiosi che nei contadini; credo che in passato molti abbiano sentito dire spesso dagli anziani, riferendosi ad un miope: “si è consumato gli occhi sui libri!”.
L’aumento progressivo della prevalenza della miopia prima descritto, ha stimolato la ricerca scientifica a studiare il fenomeno e in pochissimi anni i lavori sperimentali clinici si sono moltiplicati nei laboratori di tutto il mondo, portando i ricercatori a comprendere meglio quali potrebbero essere i meccanismi coinvolti nell’allungamento del bulbo oculare. Gli studi hanno riguardato l’uso degli occhiali con lenti bifocali o progressive, delle lenti a contatto, soprattutto rigide, e persino l’uso di farmaci. Uno di questi ultimi, l’atropina, si è dimostrato molto efficace nel rallentare l’aumento della miopia, però non è al momento utilizzato perché presenta numerosi effetti collaterali e quando se ne interrompe l’uso l’occhio riprende a crescere a velocità maggiore, come se volesse riprendere, per così dire, il tempo perso durante il trattamento.
Secondo una meta-analisi effettuata dal gruppo di lavoro del dottor Jun-Kang Si, del Dipartimento di Oftalmologia dell’Università di Shandong in Cina, numerosi studi peer-review (studi scientifici controllati, per dirlo in modo semplice) svolti a Hong Kong, in Usa, in Giappone e in Spagna, hanno mostrato che l’ortocheratologia, una tecnica di applicazione di lenti a contatto rigide da indossare soltanto di notte, è efficace nel rallentamento della progressione miopica. La tecnica si è diffusa largamente nel primo decennio del nuovo secolo, nei paesi orientali, dove la miopia costituisce un serio problema (prevalenza nella popolazione degli adolescenti e dei giovani adulti prossima al 90% come abbiamo già visto), negli Usa (qui la prevalenza viaggia verso il 50%), in Canada e in Australia. In Europa l’ortocheratologia non è altrettanto diffusa, ma è presente comunque in molti paesi, e tra questi l’Italia è forse il più avanzato.
Ma l’acquisizione più recente della ricerca è forse che passare più tempo all’aria aperta durante gli anni dell’infanzia ha un effetto protettivo contro l’insorgenza della miopia, come dimostrato dal gruppo di lavoro di Donald Mutti al College di Optometria dell’Ohio State University nel 2007 e un anno più tardi da Kathryn Rose dell’Università di Sidney. Sembra che l’effetto sia dovuto semplicemente all’esposizione alla luce solare, per meccanismi che ancora sono da chiarire completamente e che sembrano riguardare il rilascio di dopamina nella retina, che inibirebbe la crescita del bulbo oculare, come dimostrato, per adesso in esperimenti sui polli, da Regan Ashby e Frank Schaeffel, dell’Istituto di Ricerca Oftalmologica dell’Università di Tubinga, in Germania.
Restare troppo tempo a livelli di luce ridotti (per inciso ricordiamo che l’illuminazione in interni è molto più bassa di quella all’aperto, anche fino a 20 volte minore) interferirebbe su tale rilascio e potrebbe facilitare l’azione di quei fattori che favoriscono invece l’allungamento dell’occhio. Studi approfonditi eseguiti in Cina, Australia e Taiwan in distretti scolastici dove si è potuto introdurre attività giornaliere obbligatorie in esterno durante l’orario scolastico, hanno dimostrato che i bambini che passano più tempo all’aperto, esposti dunque alla luce diurna, sono in varia misura protetti dall’insorgenza della miopia. Questo effetto protettivo sembra efficace indipendentemente dalle attività svolte nelle ore passate in interni, che siano la lettura, i videogiochi, la tv, ecc.
Ma se passare più tempo all’aria aperta funziona contro la diffusione della miopia, come passare alla pratica generalizzata, come far aumentare le ore spese all’aria aperta dai nostri bambini in modo tale da avere un robusto impatto sull’intera popolazione? A qualcuno potrebbe sembrare ovvio fare una campagna rivolta a tutti i genitori per sottolineare l’importanza che i loro figli passino almeno tre ore all’aperto tutti i giorni. Eppure i primi tentativi fatti in Australia non hanno dato risultati soddisfacenti: la famiglia non riesce a gestire in maniera appropriata la distribuzione del tempo da passare all’aperto. Una soluzione ottimale potrebbe essere quella di demandare questa attività di controllo alla scuola, che in potenza sarebbe in grado di inserire nei propri programmi le attività da svolgere all’aperto, alla luce diurna naturale, da alternare a quelle in interni.
Ciò comporterebbe passare molte ore nella struttura scolastica (tempo pieno) e una organizzazione adeguata che, a cascata, parta dal Ministero per passare ai dirigenti, agli insegnanti e ai genitori. Pensate sia possibile una simile organizzazione? Forse stiamo sognando, eppure una soluzione del genere porterebbe anche a molti altri benefici, a partire dallo stimolo all’attività fisica, al rafforzamento corporeo e della salute, alla riduzione dell’obesità infantile, e forse al miglioramento del carattere, come afferma Kathryn Rose.
Alessandro Fossetti è direttore dell’Istituto di Ricerca e di Studi in Ottica e Optometria (Irsoo) di Vinci (Firenze). Email: irsoo@irsoo.it
Apprezzando i vostri studi, vorrei esprimere un’esperienza personale circa il guadagno di 1.7 diottrie in un anno, alla mia età di 68anni. All’età di 40 anni mi sono laureato mentre lavoravo 10 ore (intense) giornaliere e studiavo altrettanto, dormendo 2-3 ore per notte per cinque anni. Ho perso una diottria dalle mie originarie circa 2 diottrie nel periodo.
In pensione dall’età di sessant’anni, proseguo le mie ricerche in economia e organizzo serate con le mie orchestre Swing per le quali preparo gli arrangiamenti. Accompagnando una figlia da amici, poiché dimenticavo sempre dove ponevo gli occhiali ho iniziato a non metterli. Durante il viaggio cercavo di fare affluire una maggiore emissione di sangue verso gli occhi, da un canto. Dall’altro ho cercato di contrarre i muscoli degli occhi, tentando di “accorciarli. Dopo un anno di questi esercizi (saltuari) oltre che evitare di portare gli occhiali, quando possibile, gli occhiali mi infastidivano e il mio oculista ha constatato un miglioramento della vista dai 2,5 -2,75 diottrie a 0,75 – 1 diottria per degli occhiali da portare prevalentemente di notte per buona visibilità alla luce del sole.
Accortezza: quando ho iniziato ad utilizzare un computer, negli anni 80, ho sempre mantenuto al minimo indispensabile il livello di contrasto e di luminosità dello schermo.
Pensa questi esercizi siano stati utili, oppure una semplice casualità? La ringrazio della Sua gentilezza rinnovando i miei complimenti per i vostri articoli interessanti.
condivido sembrerebbe una soluzione così semplice per il paese del “sole”,temo che così non sarà, eppure sarebbe la soluzione più immediata, senza gravare sulla disponibilità temporale dei genitori. Mentre nei paesi nordici meno assolati queste cose le fanno da tempo, con risultati documentati. (studio danese su studenti universitari in medicina 2010)
Sperare sognare …….. speriamo che si faccia anche in Italia
Concordo, l’attività all’aperto somministrata a scuola sarebbe ideale per tutti i bambini/ragazzi, non graverebbe sulla disponibilità temporale dei genitori, diventerebbe una buona abitudine di vita. Peccato che una soluzione così “semplice” nel paese del sole trovi più difficoltà di applicazione rispetto alla meno assolata Scandinavia.
Mi sembra davvero una stupenda soluzione; peccato che sia molto difficile raggiungere il ministero e men che memo gli insegnanti che sono perennemente impegnati a tenere i bambini “rinchiusi” e buoni buoni, seduti nei banchi per finire il “Programma”. Dobbiamo dunque chiedere in tanti che questa meravigliosa soluzione sia obbligatoriamente inserita nei programmi.
Non voglio essere drastica, ma penso che prima di vedere attuata una soluzione così semplice, poco costosa e molto salutare, i nostri ragazzi dovranno diventare tutti miopi, obesi e lenti come dei grandi bradipi.(Articolo interessante e da condividere) :-)