Ddl Lorenzin e biologi junior, Fitelab: “Serve comitato per definire le linee guida”

di oggisalute | 2 ottobre 2017 | pubblicato in Attualità
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I tecnici di laboratorio biomedico della Fitelab, intervengono facendo il punto sul decreto legge del ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, che, tra l’altro, consente il passaggio dei biologi junior a professione sanitaria.

“Nell’affrontare il tema dei ‘requisiti di professionalità richiesti dalle norme vigenti e dei correlati aspetti giuridici, – scrive in una nota il presidente della Fitelab, Saverio Stanziale – la nostra Federazione ha ritenuto pubblicare un documento quadro sull’evoluzione delle competenze dei tecnici sanitari di laboratorio biomedico (agreement professionale) e fare riferimento ad un sistema che prevede un approccio sistemico sui modelli organizzativi dove convivano professionalità diverse e si gestiscono tecnologie sempre più avanzate”.

“La complessità necessita di un sistema di governance – prosegue Stanziale – che rappresenta un approccio coerente che risponda a nuovi e più appropriati requisiti sia per le strutture pubbliche che private, in grado di dare risposte coerenti ai bisogni clinici dei cittadini, sia in regime di ricovero che ambulatoriale. In questo quadro, diventa necessario un riflessione culturale e politico – sanitaria lontana dallo specifico di nostro interesse. L’interesse è riemerso recentemente sia per i processi di trasformazione che interessano le professioni consolidate, sia per l’emergere di nuove potenziali arene professionali”.

“Innanzitutto – aggiunge il presidente della Fitelab – la nostra analisi non vuole affermarsi in una prospettiva storico relazionale dove emerge con forza il ruolo specifico della auto-rappresentazione di ruolo ma in una fase di affermazione della professione in cui si aprano spazi per nuove opportunità di rafforzamento professionale. L’articolo 3 bis potrebbe risolvere le criticità sopracitate regolamentando il riconoscimento sulle nuove professioni sanitarie. Tuttavia, il nostro contributo allo studio della nuova professione del Tecnico Sanitario di Laboratorio Biomedico può essere considerato come parte di un lavoro di riflessione che segue un filo logico”.

“Infatti, – prosegue Stanziale – in un’ottica sempre dialettica si mettono in luce, da un lato, l’influenza delle trasformazioni sociali sulla rappresentazione delle professioni e sull’esercizio dell’attività professionale, e, dall’altro lato, l’influenza che le comunità professionali, e persino gli stessi singoli professionisti che condividono tuttavia modalità di approccio alla professione, esercitano sulla società e le relazioni sociali. Molte delle trasformazioni in corso sono effetto di processi di lunga durata, sempre più evidenti nella contemporaneità, come la polarizzazione tra una crescente componente di professionisti. È un terreno di ricerca che può essere ulteriormente coltivato proficuamente in cui le trasformazioni sono forse più veloci e radicali”.

“Tale necessità non deve né spaventare, né essere, all’opposto estremo, strumentalmente sottaciuta, – spiega – al contrario essa rappresenta, a nostro avviso, un vero e proprio “segno dei tempi” degno d’essere evidenziato ed interpretato. È proprio questa prospettiva che ci spinge a domandarci quale ‘tecnico sanitario di laboratorio biomedico’ ha bisogno oggi il sistema salute? La nostra attenzione è rivolta al terreno operativo e alle preoccupanti infiltrazioni da parte di una nuova professione sanitaria come il biologo junior che si possa sovrapporre al profilo professionale esistente del tecnico sanitario di laboratorio biomedico nella logica di mercato nel sistema sanitario”.

“A tal proposito, – conclude Stanziale – riteniamo dare spazio e forza alle potenzialità delle competenze ad innovare modelli organizzativi e processi di lavoro e invitiamo le istituzioni ministeriali a valutare attentamente la nostra proposta di un comitato nazionale tecnico scientifico e professionale che servirà per definire le linee guida del nostro profilo professionale. Alla luce di contesti sempre più complessi diventa importante affrontare questi temi unitariamente con tutte le associazioni-comunità professionali e scientifiche di categoria, in virtù dell’integrazione delle attività delle diverse professioni sanitarie coinvolte nel rispetto delle professionalità e del lavoro multiprofessionale”.

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