Dimostrato il legame tra depressione e rischio cardiovascolare
Una ricerca condotta dal Centro Cardiologico Monzino e appena pubblicata sullo European Heart Journal accende i riflettori sul legame tra depressione e infarto miocardico. Lo studio condotto da Silvia Barbieri, dell’Unità di ricerca cardiocerebrovascolare dell’IRCCS milanese, in collaborazione con la Weill Cornell Medical College della Cornell University di New York, ha identificato in particolare come una variazione nella sequenza del gene che codifica la neurotrofina BDNF, variazione denominata Polimorfismo BDNFVal66Met, sia prevalente nei pazienti con infarto miocardico acuto. Lo stesso polimorfismo è alla base di disturbi psichiatrici come la depressione.
Il BDNF (brain-derived neurotrophic factor) è un fattore di crescita che appartiene alla famiglia delle neurotrofine, proteine che determinano la sopravvivenza, lo sviluppo e la funzionalità dei neuroni del sistema nervoso periferico e centrale. Recenti evidenze scientifiche hanno suggerito una possibile relazione tra ridotti BDNF e sindrome coronarica acuta: lo studio del Centro Cardiologico Monzino conferma per la prima volta questa relazione. I ricercatori hanno individuato infatti che, in un modello animale, il Polimorfismo BDNFVal66Met predispone a un’iper reattività piastrinica e a condizioni che favoriscono infiammazione e coagulazione: tutti elementi all’origine della trombosi arteriosa, che a sua volta può determinare sindrome coronarica acuta e infarto del miocardio.
«I risultati di questo studio forniscono una potenziale risposta al perché del legame esistente tra le patologie cardiovascolari, in particolare le sindromi coronariche acute, e la depressione – commenta Elena Tremoli, direttore scientifico dell’IRCCS Centro Cardiologico Monzino – Oggi la depressione è entrata a pieno titolo tra i principali fattori di rischio di malattia cardiovascolare, al pari di ipertensione, ipercolesterolemia e diabete, solo per citarne alcuni. Noi abbiamo individuato un nuovo meccanismo che spiega questa relazione. Sulla base dei risultati delle nostre ricerche – continua – approfondiremo il potenziale ruolo della depressione e del suo controllo farmacologico nello sviluppo della malattia coronarica».
Ancora resta da chiarire, ad esempio, se il polimorfismo BDNFVal66Met opera da solo un effetto negativo sul sistema cardiovascolare, o se agisce in relazione ad altri fattori. «La strada da percorrere è ora tracciata e le ricerche future ci permetteranno di fornire risposte concrete ai pazienti – conferma Elena Tremoli – Ciò che ora appare sempre più chiaro ed evidente è che alla base della depressione esistono meccanismi biologici alterati in grado di influire anche sull’attività delle piastrine del sangue e di conseguenza sullo sviluppo eventuale di fenomeni trombotici, responsabili degli eventi acuti cardiovascolari come l’infarto miocardico. Un’evidenza non da poco – conclude- che ci obbliga a tenere presente come cervello e cuore siano strettamente connessi, e come malattie come la depressione possano influenzare anche la salute del cuore».