Fecondazione assistita eterologa, da oggi sarà consentita. La Consulta dichiara incostituzionale il divieto sancito nella Legge 40
La Corte costituzionale ‘taglia’ alcune parti della famosa Legge 40. Decade innanzitutto il divieto di fecondazione assistita eterologa, previsto all’art. 4 comma 3, in cui era scritto: “È vietato il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo”. Incostituzionali, naturalmente, anche tutti quegli incisi che si richiamano a questo comma, in particolare quei due “in violazione del divieto di cui all’art. 4, comma 3” dell’articolo 9, che invece resta immutato per la restante parte, quindi permane il divieto di disconoscimento di paternità in caso di eterologa, qui previsto.
La Consulta boccia infine anche la parte che riguarda le relative sanzioni, ovvero il comma 1 dell’articolo 12, in cui si leggeva: “Chiunque a qualsiasi titolo utilizza a fini procreativi gameti di soggetti estranei alla coppia richiedente, in violazione di quanto previsto dall’articolo 4, comma 3, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 300.000 a 600.000 euro”.
Il ministro della Salute Beatrice Lorenzin richiede l’intervento del Parlamento, è “una legge svuotata. L’introduzione della fecondazione eterologa nel nostro ordinamento – ha detto – è un evento complesso che difficilmente potrà essere attuato solo mediante decreti. Al più presto comunicheremo la “road map” per l’attuazione della sentenza“, ha aggiunto il ministro. In merito all’introduzione della fecondazione eterologa, ha sottolineato Lorenzin “ci sono alcuni aspetti estremamente delicati che non coinvolgono solamente la procedura medica ma anche problematiche più ampie, come ad esempio l’anonimato o meno di chi cede i propri gameti alla coppia e il diritto a conoscere le proprie origini e la rete parentale più prossima da parte dei nati con queste procedure”, quale dei due diritti deve prevalere? “Sono questioni – ha concluso il ministro – che non si può pensare di regolare con un atto di tipo amministrativo, ma necessitano una condivisione più ampia, di tipo parlamentare“.