Fibrillazione atriale, rischio di ictus più alto per i pazienti diabetici
Presentati al Congresso ESC (Società Europea di Cardiologia) a Roma, i nuovi dati di una sotto analisi del Registro PREFER in AF (PREvention oF thromboembolic events—European Registry in Atrial Fibrillation), il registro pazienti europeo di Daiichi Sankyo, che analizza i gruppi di pazienti a rischio, i gap degli attuali trattamenti nella gestione della fibrillazione atriale nel contesto clinico del mondo reale, e i trend associati a pazienti con caratteristiche specifiche, inclusa la presenza di alcune comorbidità che predispongono maggiormente a eventi trombotici.
Fibrillazione atriale e diabete
I dati del Registro, ad un anno di follow-up, rivelano che i pazienti affetti da fibrillazione atriale, che soffrono anche di diabete e sono trattati con insulina, corrono un rischio significativamente maggiore di essere colpiti da ictus o embolia sistemica, rispetto ai pazienti con FA senza diabete (5,2 % vs 1,9% rispettivamente; hazard ratio [ HR ] 2.89 , Intervallo di Confidenza [ CI ] 95 %; 1,67-5,02 ; p = 0,0002) e ai pazienti diabetici con FA ma non trattati con insulina (5,2 % vs 1,8%, rispettivamente; HR 2,96 ; 1,49-5,87; p= 0,0019). È inoltre interessante notare che i pazienti diabetici non trattati con terapia insulinica hanno simile incidenza di eventi tromboembolici rispetto ai pazienti senza diabete (HR 0,97 ; 0,58-1,61 ; P = 0,9 ).
Fibrillazione atriale e differenze di genere
L’acquisizione di dati ha consentito di identificare profili completi dei pazienti, confrontando caratteristiche specifiche come il genere, e altri importanti aspetti quali la scelta della terapia e gli esiti clinici. Il Registro ha dimostrato, ad esempio, che le donne sperimentano un maggior carico di sintomi rispetto agli uomini, anche se il trattamento con anticoagulanti orali è risultato simile in ambo i sessi. Inoltre, dopo un anno di follow-up, le donne hanno dimostrato il 65% in meno del rischio (corretto per età e Paese di provenienza) di rivascolarizzazione coronarica (95% CI [0,22- 0,56]), il 40% in meno di rischio di sindrome coronarica acuta (0,38-0,93) e il 20% in meno di rischio di insufficienza cardiaca cronica/ frazione di eiezione del ventricolo sinistro ridotta (0,68- 0,96) rispetto agli uomini. Per lo stesso periodo esaminato non vi è alcuna prova, invece, che uomini e donne differiscano per rischio di ictus, attacco ischemico transitorio, eventi tromboembolici arteriosi ed eventi emorragici maggiori. Lo studio dunque ha fornito indicazioni sulle differenze di genere dei pazienti, e attraverso ulteriori indagini si potrà stabilire se queste possano essere utilizzate per migliorare prevenzione, trattamento e gestione della fibrillazione atriale.
“La fibrillazione atriale è un notevole problema sanitario che comporta un elevato rischio di ictus per oltre sei milioni di malati in Europa – ha commentato il dottor Giuseppe Patti, dell’Università Campus Bio-Medico di Roma e principale autore dello studio – E le informazioni che giungono da questo registro risultano molto utili nella pratica clinica, poiché la disponibilità di dati robusti dal mondo reale sui pazienti a più alto rischio di ictus o embolia sistemica potrà sicuramente contribuire ad individuare i casi in cui è necessario un trattamento ancora più specifico per ridurre al minimo tali gravi esiti”.