Leucemie, nuova tecnica per ridurre infezioni post-trapianto
Una nuova tecnica per ridurre i rischi d’infezione e di ricaduta della malattia leucemica nei casi di trapianto di midollo da donatore aploidentico (compatibile a metà con il ricevente, come è il caso per ciascuno dei due genitori). Il trial – il primo in Europa di questo tipo – è partito nel novembre del 2014. L’annuncio è stato dato nel corso del convegno per i 30 anni da Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù.
L’Ospedale ha ormai da 5 anni messo a punto il trapianto di cellule staminali da uno dei due genitori per tutti i bambini colpiti da immunodeficienze severe, rare malattie genetiche dell’infanzia, leucemie e tumori del sangue che possano beneficiare della procedura trapiantologica. I risultati relativi ai pazienti con immunodeficienze e altre malattie genetiche sono stati pubblicati sulla rivista scientifica internazionale Blood, giornale di punta in campo ematologico e trapiantologico. Per l’applicazione nel campo delle leucemie, la tecnica messa a punto dall’équipe del professor Franco Locatelli, responsabile del Dipartimento di Oncoematologia e Medicina Trasfusionale all’Ospedale Bambino Gesù, è stata presentata nel dicembre 2013 a New Orleans nel corso del congresso della Società Americana di Ematologia (ASH).
Negli ultimi mesi il programma è stato ulteriormente implementato e rifinito definendo un approccio innovativo per accelerare la ricostituzione immunologica dopo il trapianto.
L’utilizzo delle cellule del donatore geneticamente modificate attraverso l’introduzione di un nuovo gene suicida (chiamato Caspasi 9 inducibile) permette, in caso di reazioni avverse, di controllarle per impedire l’aggressione delle cellule del donatore sull’organismo del ricevente. Si tratta del primo trial di questo tipo in Europa, non solo in campo pediatrico.
Il trial renderà più sicura e ampliabile ad un numero ancora più elevato di pazienti la procedura di trapianto del midollo da uno dei due genitori messa a punto dai ricercatori del Bambino Gesù. I risultati hanno dimostrato come la probabilità di cura definitiva per i bambini così trattati sia del 90%, un valore addirittura un po’ superiore cioè a quella ottenuta utilizzando come donatore un fratello perfettamente compatibile. Il rischio, già particolarmente basso di sviluppare complicanze a breve e lungo termine correlate al trapianto, è stato ulteriormente ridotto (soprattutto per quanto riguarda le complicanze infettive di tipo virale e fungino), rendendo il trapianto emopoietico da genitore una realtà potenzialmente applicabile a centinaia di altri bambini nel mondo.