Non va in albergo dai turisti, carcere per una guardia medica
Ha valutato, “insindacabilmente”, che i malesseri di nausea e vomito “non costituivano un’emergenza di natura oggettiva” sostenendo che l’interlocutore aveva tenuto “un tono inutilmente suggestionato ed allarmato”. Per questo motivo la Cassazione, con sentenza 34535 del 2019 della sesta sezione penale, ha confermato la condanna a quattro mesi di carcere ad una guardia medica che non si era recata in visita presso un albergo di Bergamo dove alcuni turisti stranieri, tra cui alcuni bambini, accusavano dolori addominali e dissenteria. Alla base della sentenza all’articolo 328 del codice penale in cui si stabilisce che “il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che, per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo, è punito con la reclusione”.
Già il giudice di primo grado – riporta la sentenza pubblicata dalla Fnomceo sul proprio sito – aveva configurato “come reato il comportamento omissivo del medico perché durante la notte tra il 19 ed il 20 febbraio 2015 il dottore, di turno alla guardia medica, si era intrattenuto al telefono per circa quindici minuti con l’albergatore ponendo numerose domande, talvolta vanamente ripetute, esprimendo commenti, senza accogliere l’invito dell’albergatore a recarsi urgentemente presso l’hotel per visitare i bambini che manifestavano nausea e vomito, al pari di due professori che li accompagnavano. L’imputato – prosegue la sentenza – aveva opposto un profilo di discrezionalità tecnica nel formulare le domande per avviare una diagnosi, e stabilire se la sua presenza in albergo poteva essere indispensabile. Tuttavia, l’albergatore, spazientito, si era poi rivolto al servizio di emergenza del 118 che era intervenuto tempestivamente. L’intervento succedaneo del servizio del 118 evidenziava ‘la plateale violazione degli obblighi cui era tenuto il medico di turno'”. La difesa del medico ha sostenuto “che, successivamente, l’imputato si sarebbe recato presso l’hotel per valutare di persona lo stato di salute dei bambini, constatando che era già intervenuto il 118 e, pertanto, sarebbe andato via”. Tuttavia, rileva la Corte che la circostanza è rimasta del tutto priva di prova.
La Cassazione, confermando la sentenza della Corte d’Appello – che aveva anche negato le circostanze attenuanti generiche e la richiesta di conversione della pena detentiva nella corrispondente pena pecuniaria “poiché le condizioni economiche dell’imputato facevano ritenere che la sola pena pecuniaria avrebbe avuto scarsa efficacia e anche tenuto conto della gravità del fatto, trattandosi di delitto contro la pubblica amministrazione commesso da un pubblico ufficiale nell’esercizio delle funzioni e in danno di ‘persone appartenenti a fascia debole’ – ha ravvisato nella condotta del medico gli estremi integrativi del reato previsto all’articolo 328 del codice penale, che punisce anche il rifiuto di un atto dovuto per ragioni di sanità, se questo debba essere compiuto senza ritardo”.
(Fonte: Adnkronos)