Otto aborti su 10 effettuati in anestesia totale: maggiori i rischi per la paziente e i costi per la sanità
È ben l’82 per cento degli interventi per interruzione volontaria di gravidanza ad avvenire in anestesia generale, una percentuale molto alta e in contrasto con le indicazioni formulate a livello internazionale. Secondo Elena Carnevali, che ha curato la relazione annuale sull’attuazione della legge 194/78 del Ministro della salute al Parlamento lo scorso settembre e che presenterà la prossima settimana in Commissione affari sociali della Camera, “è una scelta non giustificabile dal punto di vista della salute delle pazienti”. Anzi.
Nella stessa relazione si sottolinea come l’anestesia locale sia da preferire innanzitutto proprio per la salute della donna, ma anche per i minori costi del servizio sanitario nazionale, con minore richiesta di analisi e minore impegno di personale e infrastrutture. A sconsigliare l’anestesia totale sono anche le linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità e dell’Istituto superiore di sanità, ma molto spesso sono le donne a richiederla, perché probabilmente non vogliono sentire nulla e risvegliarsi come fosse stato solo un brutto sogno.