Sprechi in sanità, troppi farmaci prescritti? La posizione dei medici di famiglia siciliani
Il sistema sanitario nazionale è minacciato dalla spending review, i tagli orizzontali paventati dal Governo sono stati rimandati in virtù di una promessa di razionalizzazione della spesa da parte del ministro Beatrice Lorenzin. La posizione di molti esperti è però che si è raggiunto il massimo, che oltre non si può comprimere senza violare il diritto alla salute. In particolare, dopo alcuni articoli pubblicati su alcune testate, in cui si metteva sotto accusa la facilità di prescrizione di farmaci da parte di alcuni medici, il sindacato e la società che riuniscono i medici di famiglia siciliani prendono posizione con una lettera aperta, che riceviamo e pubblichiamo:
La storia ci insegna che in certi momenti serve trovare un capro espiatorio per giustificare le proprie inefficienze. Quello che puntualmente è avvenuto alcuni giorni fa quando un’intera categoria, quella dei medici di famiglia, è stata messa alla berlina, guadagnandosi addirittura la prima pagina del Giornale di Sicilia.
Ci rendiamo conto che la crisi campeggia e le risorse sono scarse, sappiamo bene che occorre razionalizzare la spesa sanitaria ed è evidente che, laddove fossero chiaramente evidenziate le gravi incongruenze prescrittive di cui siamo venuti a conoscenza, vadano stigmatizzate e se necessario sanzionate. Ma aggiungiamo che spesso le prescrizioni sono indotte dagli specialisti ospedalieri e/o convenzionati e non ci pare che questa distinzione era riportata nel roboante articolo del Giornale di Sicilia.
Tutto ciò premesso, non riusciamo a comprendere, nonostante i nostri sforzi, la miopia ormai cronica di politici ed amministratori della sanità. Per loro la politica sanitaria significa prevalentemente risparmio sulla spesa farmaceutica, una voce non nei primissimi posti nel bilancio sanitario ed ormai, comunque, dopo i ripetuti inviti a restringerla, diventata incomprimibile senza ledere gravemente il diritto alla salute del cittadino. Poco importa se i pazienti vengono ben curati, se sono a target terapeutico, se nei piani sanitari nazionali e regionali si rimarca che bisogna potenziare il territorio per l’aumento esponenziale delle cronicità e della vita media e riservare invece l’ospedale ai soli acuti. Per non parlare poi di prevenzione, pare che non interessi più nessuno. Certo alzando i polveroni cui abbiamo assistito non centriamo l’obiettivo.
Ma a questo punto si pongono però una serie di problemi:
a) di carattere deontologico: è corretto privare un paziente di un presidio farmacologico da cui può trarre grande giovamento al solo scopo di risparmiare, e che ciò venga fatto con la complicità del medico di famiglia che si è sottoposto peraltro al giuramento di Ippocrate?
b) di carattere medico-legale: non curare nel migliore dei modi un paziente o non assicurargli i presidi farmacologici previsti dalle linee guida, che avrebbero migliorato la qualità di vita o ritardato l’esordio di alcune malattie, vuol dire consentire al paziente di adire le vie legali con la probabilità di avere riconosciute tutte le sue ragioni dal giudice;
c) di carattere scientifico: la medicina, a differenza della matematica, non è una scienza esatta ma anche se si basa sulla statistica è pur sempre una scienza che fonda le sue basi sul dato sperimentale. Se un farmaco dimostra i suoi benefici in termini di prevenzione e/o di terapia, non possiamo non tenerne conto, sarebbe come abiurare la propria professione;
d) di carattere etico: è giusto per quieto vivere o per superficialità non dare un vantaggio clinico ai nostri pazienti?
e) di carattere economico: ridurre ulteriormente la spesa farmaceutica vuol dire non fare adeguatamente la “prevenzione primaria e secondaria” e si rischia di assistere nel prossimo decennio alla esplosione delle malattie croniche in particolare quelle cardio-cerebro-vascolari, respiratorie ed oncologiche. Non dare adeguata copertura gastrica, per esempio, significa aumentare l’incidenza della malattia peptica e le emorragie digestive, risparmiare esageratamente sugli antibiotici, potrebbe aumentare i ricoveri , per le riacutizzazioni delle infezioni bronchiali e/o urinarie tanto frequenti negli anziani. Certo, risparmieremmo subito sulla farmaceutica, ma i costi sociali e sanitari dei ricoveri si impennerebbero nel giro di solo pochi anni. Stessa cosa per la cura dei diabetici e degli ipertesi. Se al un farmaco innovativo spesso più selettivo e con minori effetti collaterali, se ne preferisce uno obsoleto, il paziente non viene trattato con la migliore terapia possibile in termini di efficacia e minori effetti collaterali.
La politica, a nostro modesto parere, se vuole, potrà risparmiare risorse agendo anche ad altri livelli come la lotta agli sprechi che verosimilmente si annidano in ogni articolazione della complessa macchina burocratica e amministrativa della sanità (pensiamo per esempio ad una maggiore attenzione alle gare d’appalto, all’ottimizzazione delle risorse umane e strumentali, agli incarichi esterni ecc). Ma noi, per quanto ci riguarda, non ci stancheremo mai di ripetere che la centralità del paziente è un valore a cui non rinunceremo mai.
Il presidente regionale dello Snami Il presidente regionale della Snamid
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Giuseppe Biondo Pietro Marino