“Digestione. Viaggio di un boccone”: 2a puntata. Quali cibi per evitare bruciori di stomaco
Eravamo giunti al momento in cui il boccone di cibo, sminuzzato dai denti e parzialmente digerito (per quanto riguarda gli amidi e i grassi) dagli enzimi della saliva, disceso quindi lungo l’esofago, aveva fatto il suo ingresso nello stomaco, attraverso lo sfintere chiamato cardias. Questa valvola di non ritorno regola l’ingresso nello stomaco e impedisce al tempo stesso, a eccezione di casi patologici, che tutto il materiale torni sopra (riflusso esofageo).
DAL BOLO AL CHIMO, LA DIGESTIONE DELLE PROTEINE.
Il bolo (così si chiama il boccone a questo punto della digestione) entra dunque nello stomaco, dove si prepara ad essere digerito nella sua frazione proteica. Se in bocca, infatti, la saliva aveva scisso gli amidi in zuccheri più semplici, qui è il turno delle proteine. L’ambiente è fortemente acido, grazie alla presenza dei succhi gastrici secreti dalle pareti stesse. Il pH dello stomaco inattiva gli enzimi della saliva (lipasi e amidasi), sospendendo quindi la digestione di grassi e amidi. Lo stomaco è come una sorta di lavatrice, che, ben sigillata in entrata e in uscita, attiva un programma lungo di centrifuga: i potenti muscoli dello stomaco agitano il cibo per 2-6 ore (a seconda del tipo di pasto), fino a quando, cioè, le proteine non sono state scisse nei singoli aminoacidi di cui sono composte, per potere successivamente essere assorbite dall’intestino.
Il “succo gastrico” viene prodotto dalle ghiandole della mucosa gastrica ed è formato da acqua, muco e succhi digestivi, che contengono a loro volta acido cloridrico ed enzimi specifici. Ma come avviene la secrezione del succo gastrico? Esistono tre fasi che prendono il nome dal punto di origine dello stimolo. La fase cefalica, che origina dalla testa. La vista, l’odore, ma anche il solo pensiero di un alimento che piace attivano i centri di controllo che, attraverso il nervo vago, mandano impulsi alle ghiandole gastriche. La fase gastrica, che, come dice il nome, ha origine nello stomaco stesso. Questo, in presenza di cibi proteici, attiva la produzione di gastrina, un ormone che stimola a sua volta il rilascio di pepsinogeno e acido cloridrico. Il pepsinogeno è un enzima in forma disattivata, che si attiva in presenza di acido cloridrico e diventa pepsina. Questo meccanismo assicura che con lo stomaco pieno ci sia sempre una quantità sufficiente di succo gastrico necessaria per la digestione. La gastrina viene rilasciata anche dalla distensione della parete gastrica. L’ultima fase, che però è ancora poco chiara, è la fase duodenale.
Va sottolineata l’importanza della produzione nello stomaco di una sostanza chiamata “fattore intrinseco“. Questa, come una guardia del corpo, si lega alle preziose molecole di vitamina B12 e le protegge da acidi ed enzimi dello stomaco. Il fattore intrinseco rimane legato alla vitamina B12 fino all’intestino tenue, dove ne facilità l’assorbimento.
Un piccolo ruolo lo ha anche la lipasi gastrica. I grassi sono molecole idrofobiche, cioè in presenza di acqua tendono ad aggregarsi a “gocce”, proprio per lasciare meno spazio possibile al contatto col liquido. In questa fase della digestione la lipasi gastrica riesce solo a strappare qualche acido grasso presente alla parte esterna della goccia di grasso che si è appena formata. In genere si arriva al massimo a tagliare il 30% dei trigliceridi presenti nello stomaco.
Se la pepsina ha la funzione di digerire le proteine tagliandone le lunghe catene, l’acido cloridrico uccide la maggior parte dei microrganismi eventualmente introdotti col cibo, mentre il muco secreto ha una funzione protettiva per le pareti gastriche dall’acido stesso. Se questo equilibrio tra muco e acido dovesse venire meno, assisteremmo a una infiammazione (il cosiddetto bruciore di stomaco), che potrebbe evolvere in gastrite e, se trascurata, in una perforazione della parete stessa, ovvero l’ulcera. L’iperacidità può essere dovuta a molti fattori, non ultimi lo stress, l’ansia e altri disagi psicologici.
QUALI ALIMENTI PER EVITARE BRUCIORI E GASTRITE.
Dal punto di vista dell’alimentazione, però, possiamo fare molto. Ci sono molte cose a cui si dovrebbe stare attenti in caso di questo tipo di problemi gastrici. Per cominciare una regola d’oro è: masticare bene e lentamente, è una cosa che non finiremo mai di ripetere, in quanto è una regola utile in tutte le fasi della digestione. Uno dei problemi del bruciore di stomaco è che poi si evolve in reflusso acido. Da evitare “assolutamente” gli alimenti e le bevande che contengono le metilxantine. Queste sostanze sono causa di una maggiore secrezione gastrica e quindi aumentano in maniera esponenziale la sensazione di bruciore e la possibilità di rigurgito. Per essere più espliciti le metilxantine sono la caffeina, la teofillina e la teobromina, contenute rispettivamente in caffè, tè e cioccolata.
Altro punto pratico da tenere in considerazione è mangiare poco e spesso. I classici cinque pasti quotidiani consigliati ormai da tutti sono l’esempio più facile da tenere in considerazione. Il vantaggio viene fuori dal fatto che non riempiendo lo stomaco è più difficile che il contenuto risalga nell’esofago e quindi evitiamo il reflusso. Anche evitare vestiti o cinture troppo strette (sopratutto dopo i pasti) facilita la digestione e impedisce la pressione addominale che è causa di frequenti disturbi. Oltre alle metilxantine dobbiamo stare attenti a tutte le spezie secche, perché stimolano la secrezione gastrica.
Un piccolo consiglio pratico e casalingo è quello di assumere il bicarbonato di sodio sciolto in acqua per tamponare l’acidità di stomaco. Questo metodo però apporta un eccesso di sodio, che non è consigliato quindi in chi soffre di ipertensione o malattie cardiovascolari in genere. Un altro problema cui stare attenti è la sua breve durata d’azione, il che ci porta di solito a dover ripetere più somministrazioni durante il periodo della digestione. Vi si può quindi ricorrere eccezionalmente, per tamponare il problema, mentre non va bene come rimedio quotidiano. Un altro consiglio da provare, che però è più lento rispetto al bicarbonato, è tamponare con frutta come mele, pere o banane oppure verdure e ortaggi come patate, zucchine e carote. Anche riso, pasta e pane riescono ad avere un effetto tampone.
A parte i consigli per tamponare l’acidità o piccoli consigli per evitarne l’insorgenza è importante ricordare che non esiste una dieta o associazioni particolari di alimenti che evitano il bruciore e la ipersecrezione. Mi spiego meglio, come abbiamo visto alcuni alimenti favoriscono la secrezione acida o altri alimenti rallentano la digestione. Questi sì favoriscono i vari problemi riportati, ma spesso l’errore di base è l’eccessiva porzione nei pasti. Quindi se non soffriamo di gastrite cronica o altre patologie che hanno come risultato bruciore, reflusso ecc., non dobbiamo prestare particolare attenzione a quello che mettiamo nel piatto o come lo mettiamo, basta farlo come si consiglia a tutti a piccole dosi e frequenti.
IL CHIMO E L’INGRESSO NELL’INTESTINO.
All’uscita dello stomaco, il bolo prende il nome di chimo. Si tratta di un composto denso e lattiginoso, fortemente acido, che via via viene introdotto nell’intestino, attraverso il secondo sfintere del tratto digestivo, il piloro, regolato da movimenti involontari. Anche in questo caso si tratta di una valvola stagna, che impedisce al chimo di risalire. Nell’ultima parte, lo stomaco si restringe fino al cosiddetto antro pilorico, dove il chimo si raccoglie a piccole frazioni e viene così fatto defluire pian piano nell’intestino, perché questo non sarebbe pronto ad accogliere una grossa quantità di prodotto acido. Qui, alcune sostanze fortemente basiche inizieranno in primis a neutralizzarne il pH e, al tempo stesso, riprenderne la digestione, ma questa è un’altra storia. Nella prossima puntata analizzeremo la digestione del chimo lungo l’intestino tenue.
Fabio Barbato
Dietista – educatore alimentare
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